GRANDI MAGAZZINI

Roma. Lo scrupoloso direttore (Michele Placido) dei Grandi Magazzini, appena arrivato in ufficio, si mette subito al lavoro.

Non immagina che in giornata avrà il suo bel daffare con la miopissima cliente Dolly (Heather Parisi), che ha perso le lenti a contatto.

E senza rendersene nemmeno conto finisce a gironzolare pericolosamente sul cornicione

I guai si moltiplicano quando il timido addetto alle toilette Evaristo (Enrico Montesano) è scambiato nientemeno per il figlio (Massimo Ciavarro) del proprietario, impiegato nel mega emporio sotto falso nome.

Quel furbone del capo del personale, Dottor Anzellotti (Alessandro Haber) gli infila nel letto la formosa ed ancora piacente moglie Elena (Laura Antonelli).

Mentre il facchino di lungo corso Fausto (Renato Pozzetto) perde la testa per un cliente gay.

GRANDI MAGAZZINI è una penosa ed interminabile commedia, che non fa ridere nemmeno per sbaglio, diretta dall'incorreggibile tandem Castellano e Pipolo, che tentano, invano, di ripetere l'esperimento di GRAND HOTEL EXCELSIOR.

Purtroppo mettono troppa carne al fuoco ottenendo un film frammentario, senza una vera storia da raccontare.

Nel supernegozio, sconsigliato anche nella stagione dei saldi, annaspa tra indegni siparietti il meglio del nostro cinema comico. Una sorta di sovrabbondante compendio della commedia italiana anni '80.

Con intermezzi demenziali tremendi (il montone rovesciato, la vespa).

Un monumentale cast sciupatissimo con rare eccezioni. Penosi i momenti con Villaggio e Gigi Reder (alla sua/loro ennesima sottofantozzata), e Lino Banfi. Simpatico Christian De Sica culturista tamarro. Orrido quello con la Parisi.

Si salvano la classe cristallina dei vecchi leoni Nino Manfredi e Paolo Panelli, per naturalezza e credibilità, e qualche decente tocco di Enrico Montesano. Sufficientemente divertenti anche Renato Pozzetto e Massimo Boldi.

La più saggia è la stella di prima grandezza del Fantastico televisivo, la temporanea attrice Heather Parisi. E' il suo primo ed unico film.

Devo ammettere che la sigla, pur brutta, rimane in testa (Grandi Magazzini, per grandi e per piccini...).