APOLLO 13

Cape Kennedy, 11 aprile 1970. Viaggiano in direzione della Luna sul razzo Saturno V il cosmonauta esperto Jim Lovell (Tom Hanks) e i meno esperti Jack Swigert (Kevin Bacon) e Fred Haise (Bill Paxton).

“Houston abbiamo un problema”, improvvisamente risuona nella base della Nasa a terra: c’è un problema a bordo della piccola navicella Apollo 13 lanciata in orbita dal razzo suddetto.

Cosa è successo? Il guasto tecnico è rappresentato dallo scoppio di un serbatoio per l’ossigeno, e a terra il centro di controllo della missione lunare diretto dal ruvido Gene Krantz (Ed Harris) prepara l’inatteso piano di emergenza per far rientare sani e salvi e tre viaggiatori dello spazio.

Anche se malato viene convocato Ken Mattingly (Gary Sinise), che avrebbe dovuto essere sulla navetta: farai delle simulazioni per capire quello che accade lassù e come metterci una pezza.

E mentre i tre cosmonauti s’apprestano ad affrontare nella speranza la difficile situazione, l’America a stelle e strisce attende col fiato sospeso.

APOLLO 13  è un enfatico, prolisso e scontato kolossal claustrofobico del regista Don Howard, che mette in scena una storia vera risalente al periodo avventuroso della conquista dello spazio con ammirevole senso dello spettacolo.

La suspense di questo thriller spaziale non è propriamente al massimo (la storia è nota, quindi scontata nel finale) e il film è pervaso da un eccessivo patriottismo, orgoglio yankee non raro per i filmoni hollywoodiani (“Non abbiamo mai perso un americano nello spazio, non cominceremo adesso.”)

Tanto è bastato per guadagnarsi due Oscar minori (montaggio e sonoro) su nove nomination.
Come già detto, nonostante il lavorio incessante degli esemplari protagonisti, chi conosce già l’episodio rischia di annoiarsi.