DIE HARD - UN BUON GIORNO PER MORIRE

Mosca. John jr., detto Jack, McClane (Jai Courtney) finisce in galera per omicidio.

Il Muro di Berlino è caduto, il comunismo è crollato ma papà John McClane, però, si sente ancora benissimo.

Il tempo di qualche minuto, dopo i saluti alla figlia, ed eccolo piombare in terra russa per aiutare il figlio, agente Cia, che, invece, non ha nessuna intenzione di farsi dare una mano.

Suo unico scopo è quello di mettere in salvo un pentito e recuperare un file importante, a sua volta appetito anche dal solito miliardario malavitoso avido e spietato.
Naturalmente, per non farsi mancare niente, ci sono, in ordine sparso un rapporto padre figlio da ricucire, la mafia russa, i ceceni, inseguimenti spacca-timpani e, ciliegina, il reattore di Chernobyl che esplode.

Venticinque anni e sentirli, purtroppo, tutti. Era il 1988 quando nelle sale irrompeva il personaggio di John McClane, protagonista assoluta della saga di DIE HARD, interpretato da un Bruce Willis in forte ascesa.

Un agente di polizia che per le sue caratteristiche aveva creato subito una notevole empatia con il pubblico: pistola carica in pugno ed agire d'istinto, attirato dai guai (e viceversa), non disdegnando anche un linguaggio volgare, una buona dose di ironia e la battuta sempre pronta.

Però i miti vanno rispettati e non calpestati. Sarà anche "duro a morire" John McClane ma, forse, una meritata pensione non guasterebbe. Anche perchè McClane non è fatto per avere un partner, men che mai un figlio non alla sua altezza.

Fanno specie i tanti simboli del comunismo utilizzati, quasi come utili per provare a fermare il tempo: l'Aeroflot all'inizio, la statua di Lenin che guarda le esplosioni provocate dagli americani, il mercenario con la sigla CCCP tatuata sulla schiena.