HOSTAGE

Bristo Camino (California). Un anno dopo è ancora afflitto dai sensi di colpa per non essere riuscito a salvare due vite , il detective Jeff Talley (Bruce Willis). Talley era un negoziatore, uno di quelli che parla e tratta con i sequestratori per indurli a rilasciare l'ostaggio. Purtroppo Talley, l’ultima volta fallisce, e diventa autore e vittima di un dramma efferato.

Da questo momento, il poliziotto che gestiva missioni impossibili, si ritira a ragione in un piccolo paesino, Bristo Camino appunto, in cui non dovrebbe succedere niente se non la normale amministrazione di poliziotto di provincia.

L’autotrasferimento da Los Angeles alla provincia però non ha alleviato i suoi tormenti, nemmeno in famiglia.

Quando tre balordi, l’impulsivo Tennis, lo psicopatico Mars e il succube Kevin, penetrano nella megavilla dell’ambiguo riccone vedovo Walter Smith (Kevin Pollak), prendendo in ostaggio anche i suoi due figli, l’adolescente ribelle Jennifer e il piccolo Tommy, ecco che il dolore del protagonista si risveglia e il poliziotto in letargo si rimette all’opera.

E l’affare si complica e diventa incubo quando vede coinvolta la propria famiglia: chi e perché ha rapito moglie e figlia dello sbirro?

Apparentemente un "action movie" classico, questo HOSTAGE diretto dal regista Florent Siri, grazie a una regia focalizzata sulle emozioni umane e sui dettagli (gli occhi sono un elemento chiave del film), e non privo degli elementi spettacolari di routine (scoppi assordanti e atrocità assortite) mette in scena le difficoltà di un uomo nel superare un fallimento personale.

L'interpretazione di Bruce Willis, più espressivo ed umano del solito, è incentrata di conseguenza sulle debolezze del protagonista, un uomo in crisi che decide di vivere tranquillo più che sul solito "machismo" o sulla rabbia, per esempio, di un Mel Gibson in RANSOM.

La prevedibilità della trama, a tratti abbastanza inverosimile e convulsa, che s’inoltra nella scia di nobili predecessori come ORE DISPERATE, non consente al regista di realizzare un film di riferimento di genere, tuttavia evita alcune banalità e regala allo spettatore due ore di intrattenimento e magari di riflessione sull'importanza della famiglia.

E siccome anche i mostri sacri di Hollywood “tengono famiglia” nel film c’è da segnalare anche la presenza in scena della figlia dell’attore produttore Bruce Willis, Rumer.

In scena troppo poco per dare un giudizio sensato.