VI PRESENTO JOE BLACK

New York. Si stupisce molto la graziosa dottoressa ospedaliera Susan (Claire Forlani) nel vedere alla sua tavola l’affascinante Joe Black (Brad Pitt), incontrato in un bar appena qualche ora prima.

Possibile che non mi riconosca, si chiede, ignara che il bel giovine è morto, ucciso da un camion subito dopo il loro commiato.

E ora, nella gradevole figura esterna ma nella macabra personificazione della Morte, è giunto a ghermire suo padre, ricco magnate dei media, William Parrish (Anthony Hopkins), reduce da un infarto, che rischia di perdere il controllo del suo impero di carta stampata.

Senonchè l’ospite in incognito deve sopportare probabilità ed imprevisti: si innamora, ricambiato, oltre che del burro di noccioline, di sua figlia, trasformandosi in un consulente “diabolico”, bravo a scoprire una truffa dei pescecani della finanza.

Finchè qualcuno ha un sospetto. E così riparte da solo verso l’Infinito.

Nel "Settimo sigillo" Bergman faceva giocare a scacchi un Cavaliere con la Morte. In "Vi presento Joe Black", insulsa e interminabile favola fantastica, nel senso di soprannaturale, di color rosa listata a lutto, il regista Martin Brest sceglie il black gammon: nel senso che la sua partita è infantilmente americana e si fatica a credere nella Morte imbambolata di Brad Pitt.

Tutto può essere racchiuso nel fatto che il new age non si addice al cinema e lo spiritualismo metafisico, con battute che sembrano improvvisate, risulta altisonante, freddo come un marmo funebre.

Il regista qui s'ispira a una riedizione di un film di Mitchell Leisen del '34, "La morte in vacanza" , con il torto maggiore di prolungare questo improbabile ping pong per tre ore, con ripetizioni che fanno sembrare il film girato al rallentatore: ci fosse il telecomando lo si farebbe andare più veloce.

Soprattutto perché, ammirate le bellezze della ricchezza (Kandinsky alle pareti, servitù perfetta, villona con piscina, abiti di alta sartoria) e risentiti 30 secondi finali di swing, restano il budget e le scene gonfiata allo sfinimento da chiacchiere di rara insulsaggine, quasi sempre messe in bocca al ciuffo non casual di Brad Pitt, che espone la sua collezione di sorrisi.

I ritratti di famiglia sono di maniera, la figlia dottoressa, prediletta dalla sceneggiatura, la sorellina in carenza affettiva che organizza il 65o compleanno di papà, scritturando un baritono vestito da cosacco che canta Nelson Eddie: dopodiché si può morire.

Resta il fatto che ci si chiede perché il film non dia emozioni.