SOMMERSBY

SOMMERSBY
Vine Hill (Tennessee), 1867. Due anni dopo la fine della guerra civile torna in paese tra gli sbalorditi paesani il reduce sudista Jack Sommersby (Richard Gere), proprietario terriero dato per morto proprio nella guerra di secessione appena finita.

Il cane gli abbaia contro e la quasi vedova Laurel (Jodie Foster) già promessa al timido Orin Beecham (Bill Pullman), non sa che pensare visto che il marito (???) sembra molto cambiato (in meglio): fa rifiorire la situazione economica della comunità, è diventato gentile con i neri, ama la moglie.

E' lui o non è lui?

Mentre lo si sospetta di essere un impostore, salta fuori un omicidio commesso anni prima.

Processo: se è lui, è colpevole; se è un impostore, è innocente.

Ispirato a un celebre caso avvenuto in Francia nel 1561, diretto dall'inglese J. Amiel che l'ha trasferito di luogo e di epoca, fotografato con competenza da Philippe Rousselot, SOMMERSBY è un dramma agreste-giudiziario di impeccabile qualità, per il bello stile e i dolci paesaggi, che cerca di mescolare il filone delle grandi saghe americane alla Via col vento e il dramma giudiziario, con suggestive venature pirandelliane,  con il tempo per una patinata love story.

Ma alla fine tutto rimane in superficie, affogando nel melenso le insinuanti domande sull’identità. Peccato perchè l'idea di fondo è potenzialmente forte.

L'appassionata Jodie Foster meglio di Richard Gere, forse non proprio giusto per la parte

Domanda finale: quante le probabilità che un nero potesse presiedere un processo a un bianco nel Sud degli Stati Uniti in quegli anni?