IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON

New Orleans, 1918. Non lo voglio più vedere. Inorridito, l'industriale dei bottoni Thomas Button prende il bebé partorito dalla moglie nel giorno della fine della prima guerra mondiale e lo deposita sulle prime scale che trova.

Il fagotto è raccolto dalla giovane nera Queenie, che lo porta con se nella casa di riposo dove fa la colf.
In effetti il neonato ha il viso raggrinzito, sembra un vecchio novantenne nel corpo di un bimbo (sindrome di Hutchinson-Gilford nda).

Ma la mamma acquisita lo alleva con amore.

Passano gli anni, il piccolo Benjamin (Brad Pitt) cresce, ma la sua età diminuisce ogni giorno.

La sua è una vita al contrario che attraversa il Novecento americano sempre alla ricerca del primo e unico amore, una donna molto più emancipata, libera e in linea con il suo tempo. L'unico momento in cui si potranno trovare sarà all'incrociarsi delle loro età: "Mi amerai ancora quando sarò vecchia?", chiede lei. "E tu mi amerai ancora quando avrò l'acne?" risponde lui.

E qui si casca nel brodo esistenziale.

Straordinario (la storia è di quelle interessanti, inutile negarlo), per originalità, dramma tratto da Scott Fitzgerald, dal metraggio fluviale e gonfio di tredici nomination (di cui tre, scenografia, trucco e effetti visivi), trasformate in Oscar.

Sbalorditiva la mutazione di Brad Pitt: neanche Angelina sotto le coperte lo riconoscerebbe.
La meno celebrata  Cate Blanchett, invecchiata e ringiovanita anch'essa per esigenze di copione, supplisce alla frequente mancanza di digitale con la solita prestazione di classe, in un personaggio complesso e difficile.

Curioso il caso di una vita da gambero, curioso il film.