LA GRANDE BELLEZZA

Roma. Nella capitale dai ritmi festaioli e superficiali si muovono dame dell'alta società, arricchiti, politici, criminali di alto bordo, nobili decaduti, alti prelati, artisti ed intellettuali veri o presunti.

Il famigerato "generone", tra gloria passata e degrado presente.

Che, in un clima da Basso Impero, tesse trame di rapporti inconsistenti, fagocitato da una Babilonia disperata che si agita negli splendidi palazzi antichi, nelle ville sterminate, nelle terrazze vista Colosseo.

Tutto quanto è visto e lucidamente descritto con gli occhi, perennemente annacquati dal gin tonic, di Jep Gambardella (Toni Servillo), 65 anni, scrittore riciclatosi come colorista per un magazine femminile senza nome.

In pratica un napoletano trasferitosi nella capitale con un unico obiettivo, pienamente centrato: diventare il centro della vita mondana (il folgorante incipit).

E intanto assiste a questa sfilata di umanità fatua e disfatta.

Ecco Romano (Carlo Verdone), autore teatrale deluso. La vanesia Orietta (Isabella Ferrari), Stefania (Galatea Ranzi), egocentrica scrittrice radical chic "organica" al partito (comunista, va da sè nda), Viola (Pamela Villoresi), ricca borghese con un figlio pazzo (Luca Marinelli) e il clero distratto e sordo.

E il vicino di casa silenzioso ed ostile che nasconde segreti inconfessabili.

E infine c'è Ramona (Sabrina Ferilli), quarantenne spogliarellista malata che affascina Jep con la sua spontaneità coatta.

LA GRANDE BELLEZZA è un affresco ferocemente italiano che descrive la decadenza italiana e romana e la fa diventare avamposto della decadenza mondiale, capitale globale del Declino Occidentale.

Un film splendido in personaggi, visioni e parole che il regista Paolo Sorrentino, consapevolmente felliniano (?) mette in scena come un glorioso funerale a una città/civiltà in decomposizione.

Tutta la fatica dell'esistenza è travestita da ingannevole divertimento in puro stile neocafonal. Per fortuna sullo sfondo c'è Roma d'estate, stupenda e indifferente.

Insomma ROMA CAPOCCIA si diverte da morire.



Con le élite che si nutrono di sarcasmo, si crogiolano nel kitsch, con il sesso come tappezzeria.

Bisogna ricordare che prima di questo LA GRANDE BELLEZZA, il regista era già stimato a livello internazionale tanto da aver diretto Sean Penn in THE MUST BE THE PLACE.

Indimenticabile il massacro delle certezze della supponente radical-chic impegnata e de' sinistra in terrazza, realizzato con parole affilate e ben assestate da un disincantato Jep.

LA GRANDE BELLEZZA è un bel gioiello che brilla su un cumulo di rifiuti.

Fotografia bellissima.

"Finisce tutto così, con la morte. Prima però c'era la vita, nascosta dal bla bla bla..."