LA MASCHERA DI FERRO

Parigi, 1662. Il crudele ventiquattrenne Luigi XIV (Leonardo Di Caprio), morto il cardinale Mazarino, ha da poco assunto la direzione del regno in prima persona, e tiene segregato nei bassifondi della Bastiglia il fratello gemello, reso irriconoscibile da una maschera di ferro.

Il poveretto marcirebbe in galera, se il moschettiere Athos (John Malkovic), tra i pochi depositari del segreto, non decidesse di vendicarsi del monarca, che gli ha mandato a morire il figlio in guerra per spupazzarsi a piacimento la sua ragazza.

Così riunisce gli antichi commilitoni, tutti invecchiati ma sempre in gamba, il grasso Porthos (Gérard Depardieu), il gesuita Aramis (Jeremy Irons) e il gagliardo D'Artagnan (Gabriel Byrne), l'unico ancora in servizio.

Avanti miei prodi, rimettiamo sul trono il vero re.

Sorpresona.

LA MASCHERA DI FERRO è un vigoroso e spettacolare kolossal di cappa e spada, diretto da Randall Wallace e tratto da una spremuta alla produzione di Dumas padre ("Vent'anni dopo" e "Il visconte di Bragelonne"), dove subdoli intrighi, lame incrociate e sgargianti costumi hanno la meglio sulla psicologia dei personaggi.

C'è da dire che Randall Wallace, come sceneggiatore, sfodera un'impudenza che rivaleggia con quella di Dumas, perchè oltre a raccontare le vicende del gemello segreto del re, i generosi intrighi dell'abate Aramis per liberarlo dal carcere e dalla maschera di ferro, i conflitti tra D'Artagnan e i suoi amici, le patetiche vicende di Athos e dell'amato figlio Raoul, ha un'idea sublime: il vero padre di Luigi XIV e del gemello non è il defunto Luigi XIII, ma D'Artagnan che, da sempre, ama, riamato, la regina Anna.

Leonardo DiCaprio, vittima della legge del contrappasso (mezz'ora col bel visetto coperto), gioca con soffice disinvoltura le sue carte gemellari. I 4 moschettieri se la cavano egregiamente con sapiente mestiere.

Si sente la mancanza della lasciva Milady, giustiziata molti anni prima dai prodi eroi.