AMISTAD

Oceano Atlantico, 1839. Sulla nave Amistad l'equipaggio di neri in catene, guidato dall'ardimentoso Cinque (Dijmon Hounsou), si ribella trucidando tutti i bianchi.

La nave li stava trasportando da Cuba agli Stati Uniti per venderli come schiavi.

Cosi tengono in vita solo due marinai affinchè li portino in Africa.

I manigoldi li depistano, e i poveretti finiscono di nuovo ai ferri.

Al processo per omicidio plurimo, la regina Isabella reclama i suoi giganti d'ebano, spalleggiata dal Presidente americano (schiavista) Von Buren, mentre gli abolizionisti capeggiati da Theodore Janson (Morgan Freeman) e Lewis Tappan si affidano al giovane avvocato Roger Baldwin (Matthew McConaughey).

Davanti alla Corte Suprema anche l'ex Presidente John Quincy Adams (Anthony Hopkins) dirà la sua.

AMISTAD è un nobile, logorroico e fluviale drammone antirazzista diretto da quel furbone di Steven Spielberg, tanto pedante quanto retorico nel difendere gli oppressi.

Probabilmente il principale merito di AMISTAD è quello di parlare di un episodio poco conosciuto della storia americana.

Episodio che da al regista l'occasione per una veemente critica al sistema schiavista americano ma nel contempo (e non in contraddizione) a fare un elogio al proprio paese che rigettò quello stesso sistema per instaurare (poco dopo) una moderna democrazia.

Benché fatto con passione, il film ha il limite di un'eccessiva verbosità che lo rende lungo e difficile da seguire.

Godetevi i bei costumi d'epoca e le scene di pura azione come la truculenta apertura, cercando di non addormentarvi negli interminabili sproloqui in tribunale.

P.S. Possibile, che gli schiavi dell'Ottocento fossero alti minimo uno e 90?