AMORE TOSSICO

Ostia, Roma, anni ottanta. Trascorre tutta la giornata a sbattersi nella città degradata nel cercare di procurarsi la dose quotidiana il composito gruppetto di tossicodipendenti composto da Cesare, Michela, Enzo e Roberto, detto Ciopper.

Con tutti i mezzi possibili.

La siringa, il limone, il cucchiaino bruciato, il collant annodato al braccio e naturalmente lei: l'eroina!

Cesare e Michela, tra un buco e l'altro, si amano e decidono di farla finita con le peripezie stupefacenti.

Più facile a dirsi che a farsi...

AMORE TOSSICO, grazie ad attori non professionisti realmente tossicodipendenti, regia e musiche scarne ma appropriate, è un amaro spaccato di vita reale, precisamente della dipendenza da eroina di cui futuro vittime molti giovani degli anni '70 e '80.

Un film volutamente scarno, diretto e crudo, un realismo brutale perseguito con impeccabile cura sociologica e antropologica: la verità di volti (come suddetto attori non professionisti), gesti, linguaggio ne è segno fortissimo. Le frasi, spesso farfugliate, gli escono naturalmente.

Assistere alla loro giornata tipo (fare qualunque cosa per rimediare la dose) turba parecchio. I loro discorsi sono disarmanti e alcune scene (quando si bucano, l’overdose con respirazione) sono pugni nello stomaco.

Il tutto viene in minima parte rovinato dal finale un pò melò, retorico e poco credibile: chiaro esempio di come la ricerca della metafora ideologica (chiarissimo omaggio a Pier Paolo Pasolini) può rovinare tutto.

Resta comunque un film riuscito.