ANNI RUGGENTI

Ostuni, Puglia, 1937. Il sospettoso podestà Salvatore Acquamano (Gino Cervi) confida nel proprio fiuto: ecco il gerarca in incognito che Roma ha mandato in ispezione.

L'inconsapevole ospite è in realtà un giovane assicuratore, Omero Battifiori (Nino Manfredi), che fa un sacco di domande su redditi e proprietà, dando forza inconsapevolmente all'equivoco.

Mentre le camicie nere del paesello guidate dallo zelante segretario politico Carmine Passante (Gastone Moschin) esibiscono una città che si specchia nell'ordine e la disciplina, il saggio medico antifascista De Vincenzi grida (sommessamente) alla truffa.

E il giovane e svagato forestiero, colmato di attenzioni e favori, va a innamorarsi , tra le tante signorine ben disposte, della maestrina Elvira (Michèlle Mercier), bella figlia del podestà.

La trilogia satirica, beffarda e acidula, sul fascismo (soprattutto quello dell'Italia più remota) del regista Luigi Zampa, scritta da Vittorio Brancati, morto nel 1954, diventa quadrilogia con ANNI RUGGENTI,  che è l'atto conclusivo, commedia divertente e sapida, dal sorriso amaro.

Purtroppo in questi casi si è inclini a raccontare una storia del passato con l'occhio al presente, anche se è magistrale nascondere dietro l'ironia sulle pagliacciate di regime l'amara verità che la retorica rivoluzionaria null'altro può che piegarsi alla tradizione millenaria dei capetti corrotti che si spartiscono la torta del potere, ancor più buffoni quando nascosti dietro una facciata ideologica.

La pellicola mette in mostra un giovane Nino Manfredi, forse nella sua versione più composta, e il suo duttile gioco di rimessa e una compagnia di bravi attori tra cui spicca il maturo Gino Cervi.

Personalmente lo ritengo un cult.