L'IMMORTALE

Marsiglia. Charly Mattei (Jean Reno), da tre anni fuori dal giro, è in auto, gioca con suo figlio da bravo padre e il cane ascoltando Pavarotti.

Lascia il suo bambino a un angolo e va a parcheggiare fiero della sua nuova vita, il suo viaggio di redenzione, ma il suono di “e lucevan le stelle” è coperto da quello crepitante del suo passato: 22 colpi di arma da fuoco che lo crivellano ferocemente.

Lui ha lasciato il giro ma il giro non ha lasciato lui.

Ma non basta il commando di otto killer per farlo secco.
Rimesso in sesto dopo le ventidue pallottole, è pronto a vendicarsi, dimenticando pietà ed amicizia.

Il mandante?

Come al solito non bisogna guardare troppo lontano: il boss ipocondriaco della droga Tony Zacchia (Kad Merad), inseparabile amico dell'adolescenza, con il quale ha costruito le sue fortune criminali, amici di sangue legati dalle promesse ora spezzate e disilluse.

L'IMMORTALE, di Richard Berry, è un tambureggiante, muscolare, crepuscolare e violentissimo poliziesco ambientato tra i covi della mafia marsigliese, che non sfigura, anche per efferatezze, accanto alle più celebri storie americane di gangster e i padrini d'annata, tra sparatorie e sparate verbali.

L'indistruttibile Jean Reno, preciso e di casa nel genere (non azzardatevi a paragonarlo a Steven Seagal nda), nonostante la mano destra fuori uso, fila in moto meglio di Valentino Rossi e spara più veloce di Billy The Kid.

Il film tocca le corde dell'amicizia e del rispetto, temi periodici nei film sulle organizzazioni mafiose, ventilando gli aspetti della predestinazione esistenziale che innesta nell'uomo una realtà malvagia dalla quale non è possibile liberarsi e a cui non resta che assoggettarsi.

Bella la fotografia  nella luce calda di Marsiglia e Avignone.