Qualcuno volò sul nido del cuculo

Oregon (Usa). In un istituto psichiatrico viene trasferito per una perizia il giovane pregiudicato Randle McMurphy (Jack Nicholson), accusato di stupro e reati vari. È matto o ci marcia?

Là dentro è un inferno, grazie ai sistemi della capo infermiera miss Ratched (Louise Fletcher). Più il nuovo arrivato cerca di creare un clima di anticonformismo, tentando di smascherare il carattere repressivo e carcerario dell'istituzione, più il cerbero in gonnella gira la vite della repressione.

La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno.
Addio libertà, ma è stato bello sognare.

Astuto, intelligente e volutamente sgradevole (ma commovente) dramma dell'esule ceco Milos Forman contro l'intolleranza del potere, polemico contro quel potere che emargina i diversi e sul sottostante razzistico della psichiatria.

Sbattiamo in manicomio (oppure nel ghetto o nel lager)  tutti i diversi e poi spartiamoci allegramente la torta.

A quasi 40 anni dalla sua realizzazione, il film non ha perdutto nulla della carica polemica e positivamente sovversiva che aveva alla sua uscita e che ne fa un potente strumento di denuncia delle condizioni in cui spesso sono relegati i cosìdetti "malati di mente".
Il film è però anche (per ammissione dello stesso regista, che come suddetto era un esule) una metafora delle condizioni della popolazione dei paesi dell'est pre caduta del muro di Berlino.

Oltre la cortina di ferro la vita era da manicomio...chissà se Massimo D'Alema se ne era accorto.

Premiato con 5 Oscar di cui uno al superlativo ed impeccabile Jack Nicholson e all'odiosa (per contratto) Louise Fletcher (chi alla fine del film non ha provato un sentimento di odio profondo nei suoi confronti?) insieme con film, regia e sceneggiatura.

Tutto assolutamente meritato.