IL RAGAZZO DI CAMPAGNA

Borgo Tre Case (Brianza). Il giovane Artemio (Renato Pozzetto) si è proprio stufato di starsene al paesello a fare la vita (dura) del contadino: il gallo canta troppo presto e l’acqua delle abluzioni mattutine è sempre (bbrrrrrr!!) ghiacciata.

L’ansiosa mamma lo spinge a cercar moglie, ma su piazza è disponibile soltanto la bruttina ed appiccicaticcia Mariarosa.

Ragione in più per scappare nella grande città: Milano.

Lascia così mamma, bestie e campi e parte.

A Milano incontra il cugino Severino Cicerchia (Massimo Boldi), che lo scambia per gay, mette lo scompiglio in Corso Vittorio Emanuele girando con il trattore e s’innamora della sofistica e cittadina Angela (Donna Osterbuhr).

La città gli va stretta e ancor di più il mini appartamento di tre metri per due. Finale? Meglio tornare a casa, che si stava meglio quando si stava peggio.

IL RAGAZZO DI CAMPAGNA è una semplice e stantia (almeno ai giorni d’oggi) favoletta ecologista dei sempreverdi Castellano e Pipolo, frizzante solo a sprazzi (all’inizio nda), forse grazie all’aria fresca di campagna, prima parte nella quale è evidente la chiave surreale.

La parte in città è invece alquanto banale nel tambureggiare sulle difficoltà della vita moderna.

In pratica Artemio va in città, come il suo alter ego di "SONO FOTOGENICO" andava a Roma per fare l'attore.

Su un canovaccio piuttosto scontato (il già ricordato contrasto tra la campagna e la metropoli) ma cucito su misura per il protagonista, Pozzetto costruisce una serie di gag abbastanza divertenti.

Nel cast di contorno è presente anche Massimo Boldi, la cui parte, rumorosa e volgare, serve solo come utile (alla sceneggiatura, almeno nelle intenzioni) spalla e niente più. Inutile chiedere di più a questo genere di cinema.

Film non indimenticabile.