THE GREEN INFERNO

New York. Ha sempre vissuto nella bambagia l'universitaria Justine (Lorenza Izzo), figlia di un importante funzionario dell'ONU: per uscire un pò dalla routine perchè non unirsi alla manfrina ecologista di quel gruppo di fricchettoni che manifesta con tanto impegno davanti casa?

Parte così alla volta di un area incontaminata del Perù con un folto gruppo di suoi coetanei ecoattivisti di città: l'area da raggiungere è minacciata dalle mire espansionistiche di una multinazionale che si sta muovendo indisturbata con il supporto di una milizia privata senza scrupoli.

Ruspe e proiettili sono le armi per sopraffare popolazioni indifese e invisibili agli occhi dell'opinione pubblica distratta e/o indifferente.

Il carismatico capetto dello sgangherato gruppo ha pianificato un'incursione per impedire che anche quel pezzo di terra finisca nelle mani degli spietati capitalisti globalizzatori. Nello specifico è necessario strisciare nel campo nemico e filmare con gli smartphone quello che sta accadendo per diffonderlo in diretta streaming, in modo da suscitare l'indignazione dell'opinone pubblica mondiale e un'azione concreta da parte delle istituzioni internazionali.

Terminata con apparente successo l'azione di protesta, nel volo di ritorno, un malfunzionamento fa precipitare gli ecologisti della domenica in mezzo a quella foresta che vogliono proteggere, proprio nelle braccia di una tribù di cannibali di rosso dipinti che non vedono di buon occhio i bianchi.

Ohibò, è già ora di cena.

Con THE GREEN INFERNO Eli Roth (quarta regia) fa a pezzi (è il caso di dirlo) l'ipocrita perbenismo di certi idealisti rivoluzionari dando fondo a tutto il suo campionario divertito di horror macabro.

Amante degli effetti poco rassicuranti provocati dall'essere lontani da casa (meglio se in altri stati) e delle ipocrisie di chi si culla in sogni intellettuali cosmopoliti senza sapere in realtà nulla dei luoghi che frequenta, per il suo ritorno alla regia il regista ripropone tutti i suoi temi tipici, unendoli con quella che dichiara da sempre essere la madre della fonte d'ispirazione: Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato (1980).

Purtroppo le disgrazie dei nostri eroi vengono filmate dal regista senza un minimo di pathos e con partecipazione emotiva e senso della tensione vicine allo zero.

Aggiungiamo poi che effetti speciali risibili (le formiche), la mancanza di una vera spremuta di sangue e personaggi antipatici e tediosi fanno sì che il film risulti mediocre.

Non si può fare a meno di notare come il livello sia sceso di molto rispetto a pellicole come HOSTEL o CABIN FEVER.

Un aspetto positivo c'è: le splendide ambientazioni selvagge.