C'era una volta in America

New York, 1968. Il vecchio ebreo Noodles (Robert De Niro) torna dopo trentacinque anni nel ghetto dove ha trascorso una vita.

Eccolo ragazzino in calzoni corti, angelo tra angeli dalla faccia sporca alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York, alle prese con le estorsioni di piccolo cabotaggio e facili missioni punitive, assieme a tre teppistelli della sua risma.

Divenuto amico per la pelle di quell’altro mascalzone di Max (James Woods), è pronto a vendersi l’anima per un bacio della ritrosa (con lui) ballerinetta Deborah (Elizabeth McGovern), ma non si dimentica della “carriera”, puntando dritto dritto alla poltrona di boss del quartiere.

Una coltellata malandrina al temuto boss Bugsy gli fa vincere un soggiorno in carcere per sei anni. Ne esce uomo con Max sempre al fianco e fa vagonate di dollari con il contrabbando di whisky.

Finchè il destino gli volta le spalle.
1968. Noodles come emergendo dalla nebbia del passato, ritorna a New York alla ricerca del tempo perduto.

Il tempo con la sua vertigine è la base del film, quasi mezzo secolo di storia americana, diviso in tre momenti, che si srotola in un memorabile poliziesco, un affresco monumentale e struggente, appassionato e brutale, con cui il Maestro Sergio Leone si congeda dal cinema prenotando, anzi, guadagnando un posto fra i grandi di Hollywood.

Un viaggio attraverso l’America metropolitana (e la storia del cinema su quell’America) che è reale e favoloso, archeologico e rituale. Sono spazi dilatati e trasfigurati dalla cinepresa; spazi anche sonori e musicali, riempiti dalla musica di E. Morricone e da motivi famosi: “Amapola”, “Summertime”, “Night and Day”, “Yesterday”.

È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue, paura, amicizia virile, tradimenti. E di sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate.
È l’America vista come un mondo di bambini. Piccolo gangster senza gloria, Noodles diventa vero protagonista nell’epilogo quando si rifiuta di uccidere l’ex amico Max. Soltanto allora, ormai vecchio, è diventato uomo.

Quasi quattro ore per un capolavoro, con un Robert De Niro che più bravo non potrà. Mai.