URLA DEL SILENZIO

Cambogia, 1975. Il giornalista americano Sidney Schanberg (Sam Waterston), inviato del “New York Tímes” si avvale nella capitale Phnom Penh, oltre che dell’amicizia, della collaborazione del servizievole cronista indigeno e valoroso medico Dith Pran (Haing S. Ngor).

Nei giorni atroci di Pol Pot, il crudele dittatore pari, se non superiore, a Stalin ed Hitler, c’è solo una cosa da fare per i cittadini a stelle e strisce (presidente Nixon): scappare a gambe levate. E in più fretta possibile.

Il povero dottore invece finisce in un campo di lavoro, leggasi pure lager alla maniera comunista (con l’aggiunta dei lavori forzati), mentre l’amico torna in patria.

Finalmente dopo quattro anni la buona, anzi ottima notizia: Dith è sopravvissuto all’orrore e alla stagione di terrore dei khmer rossi filocinesi e Schanberg vola a riprenderselo dopo avergli liberato una poltrona al giornale.

Da una vicenda assolutamente reale, il regista francese Roland Joffè con URLA DAL SILENZIO (The Killing Fields) ha prodotto un dramma intenso, crudele e commovente, scarno nei dialoghi e poco incline alla retorica, che lascia parlare le immagini e vibrare i sentimenti, coniugando mirabilmente emozioni e sentimenti.

Tre Oscar, dopo le sette nomination, tra cui spicca quello a Haing S. Ngor, un non attore, purtroppo scomparso ancora giovane, che rivive terribili esperienze personali, tragedie di fronte alle quali non dovremmo restare indifferenti soltanto perché così lontane da noi, quei giorni più atroci della Cambogia, quelli dell’avvento di Pol Pot (1975) e del relativo genocidio che ne seguì (due milioni di morti per mano della follia collettiva comunista prodotto di una barbara utopia).

Il film ci porta a tu per tu con una realtà allucinante, i morsi dell’anima di Schanberg, la sorte pietosa di Dith Pran che ha pagato a carissimo prezzo la sua devozione all’amico e al mestiere. Dipanando il filo della cronaca, per cui si comincia col bombardamento del villaggio di Neak Luong da parte degli aerei americani , si prosegue con lo sgombero in fretta e furia dell’ambasciata Usa per l’arrivo dei kmher e i tentativi di Schanberg di far partire Dith Pran grazie a un passaporto falso, ci si sofferma sulle torture patite dal cronista cambogiano nei lager, si trepida per la sua fuga attraverso le foreste insieme a un compagno e al figlioletto d’un gerarca comunista, e finalmente ci si commuove quando Schanberg e Dith Pran tornano a stringersi in un abbraccio.

Tutti momenti rappresentati dal regista inglese Roland Joffé, all’esordio con questa opera nel cinema dopo buone esperienze in Tv, con una maturità spettacolare che giustifica la nostra partecipazione emotiva al film sul doppio versante dell’orrore e dell’angoscia.

Urla del silenzio, con riferimento ai campi della morte attraversati da Pran durante la fuga (un cimitero di scheletri lasciati marcire), è certamente un film di genere, che ha i suoi immediati precedenti in Un anno vissuto pericolosamente e in Sotto tiro -, l’uno sull’Indonesia, l’altro sul Nicaragua.

Inoltre nelle concitate sequenze dello sgombero dell’ambasciata americana e della corsa all’ultima aereo, ci consegna pezzi di grande cinema. Ugualmente centra il bersaglio quando caratterizza senza fronzoli i due protagonistí (aiutato dagli interpreti principali).

Né va passato sotto silenzio il buon lavoro che Joffé ha fatto sulla musica. Raramente è accaduto che il Puccini della Turandot (col «Nessun dorma» cantato da Franco Corelli) e le canzoni di John Lennon e Paul McCartney s’integrassero come qui alle immagini nei passaggi più intensi. Da segnalare anche la presenza di un giovane John Malkovich.
Per tutte queste ragioni Urla del silenzio è un film da vedere, e qua e là da discutere (soprattutto all’interno della sinistra).

Il suo lieto fine (almeno filmico e momentaneo, visto il destino del protagonista), che d’altronde stavolta non gli è stato imposto da Hollywood, è un piccolo inchino alla speranza, ma non cancella i segni crudissimi d’un resoconto in cui il raccapriccio che possa essere successo nel nostro tempo supera la fantasia della storia.