LUCY

Taipei, giorni nostri. E' una studentessa la bionda Lucy (Scarlett Johansson) che, indecisa sul suo futuro e fragile nel suo essere, si sballa di continuo ai rave party.

Un bel giorno il suo ragazzo, tale Richard, la obbliga a consegnare una valigetta dal contenuto misterioso a uno spietato criminale coreano, Mr. Jang.

Costui, una volta verificato ciò che gli è stato portato, ammazza il ragazzo e fa rapire Lucy.

L'idea è di farla diventare un corriere della droga, una nuova droga blu, il CPH4. Infatti le viene inserita nell'addome un pacchetto contente un enzima prodotto dalle madri in gravidanza per mettere in moto lo sviluppo del feto.

Invece il pacchetto si rompe e il prodotto chimico viene assorbito dal suo corpo il quale progressivamente acquista straordinarie capacità fisiche e mentali, una capacità di conoscenza e di potere inimmaginabili per chi non sia, come il professor Norman (Morgan Freeman), un neuro ricercatore.

LUCY è un action woman, diretto da Luc Besson, che, come per LEON E NIKITA, mette al centro della sua opera un personaggio femminile coinvolto in esperienze che ne mutano profondamente la vita, in quella che sembra una versione bessoniana di LIMITLESS.

LUCY appartiene alla galleria di personaggi suddetti  ma nonostante le apparenze è uno dei più deboli.

In effetti si tratta quasi di un cartone animato, invincibile e indistruttibile, protagonista di un cinema inconsistente come lo zucchero filato che ignora le sceneggiature e basa tutto sugli effetti con una spolveratina di new age e filosofia da pochi centesimi.


Il "maestrino" Besson, tramite il professor Freeman, con la sua aria saggia e rassicurante, ci fa la lezione sulle, a suo dire e pensare, potenzialità pressochè infinite di un cervello sfruttato al cento per cento (ne usiamo al massimo il dieci, forse già ottimisticamente).

Un pregio del film? dura poco e quel poco che dura scorre veloce.