LA RAGAZZA DI TRIESTE

Trieste. Appena salvata dalle acque dai volenterosi bagnini, la bella Nicole (Ornella Muti) si concede al maturo disegnatore di fumetti erotici Dino (Ben Gazzara).

E' un pò strana la ragazza e pure porcellona: dice più bugie di un eletto nel Partito Democratico, gradirebbe volentieri farsi spiare quando è in bagno, appare, scompare e riappare senza spiegazioni plausibili.

Il suo strano comportamento unito alla sua bellezza fa generare nel fumettista un'inspiegabile e irrefrenabile curiosità e al tempo stesso attrazione.

Il mistero si dirada appena l'uomo scopre, a malincuore, che la signorina è ospite quasi fissa di un ospedale psichiatrico, dal quale può uscire quando le moderne terapie lo consentono.

La sorpresa non impedisce all'uomo di trastullarsi con l'antica fiamma Valeria (Mimsy Farmer).

Poi per risollevarla dalla depressione, se la porta a Parigi e le promette di sposarla.

L'amore, purtroppo, non basta per guarirla

Nicole si rapa a zero, poi si tuffa l'ultima volta tra le onde. Sotto lo sguardo impotente ed inerte dell'uomo.

LA RAGAZZA DI TRIESTE è un film ricercatamente drammatico e dalle venature erotiche, un romantico e barboso dramma sentimentale, alquanto bizzarro (con il facile alibi dell'ispido argomento della pazzia) che il regista Pasquale Festa Campanile ha tratto dal proprio romanzo omonimo.

Il risultato è di qualità discontinua con bei momenti (ad esempio il suggestivo finale) che si alternano ad altri in cui il regista fa fatica a mantenere la tensione narrativa.

Specie nella prima parte sfodera dialoghi ultra-letterari che muovono quasi alla risata involontaria, mettendo in scena i soliti personaggi imborghesiti e annoiati avulsi dalla vita reale di molto cinema italiano.

Pur in una inusitata versione Kojak, Ornella Muti, in un ruolo alquanto complesso, fa bella, anzi bellissima figura.

Specialmente quando fa a meno degli abiti.