MUNICH

Monaco, 5 settembre del 1972. Un commando di terroristi palestinesi facente capo all'organizzazione Settembre nero fa irruzione nella palazzina che ospita gli atleti israeliani al villaggio olimpico.

E' un massacro: due di loro sono uccisi subito, gli altri, presi in ostaggio, muoiono all'aeroporto dopo un tentato blitz della polizia tedesca.

Il primo ministro israeliano Golda Meir indice una riunione coi capi politici e militari e ordina l'uccisione dei responsabili, non dopo una sofferta dialettica. Dice "in casi estremi lo stato deve rompere i limiti morali". Cristallino. Sacrosanto, direi.

L' Operazione Ira di Dio ha inizio.

Così gli efficienti e letali servizi segreti israeliani vengono sguinzagliati alla ricerca dei terroristi palestinesi da uccidere. Il gruppo eterogeneo organizzato ha a capo Avner Kauffman (Eric Bana), agente del Mossad. Il gruppo elimina sette degli undici responsabili, rispondendo al sangue col sangue.

Avner, una volta tornato nella quiete familiare, non sarà mai più l'uomo di prima.

MUNICH, di Steven Spielberg (ebreo, nda), non è la storia di un massacro ma quella di una vendetta lucidamente e giustamente perseguita, forse uno dei migliori film del sorprendente (per la sua duttilità) maestro americano.

Il suo film maggiormente impegnato politicamente ma che si vede come un thriller grazie ad alcune sequenze mozzafiato che non fanno mai dimenticare il (reale) contesto dei fatti.

Grande cast in cui spiccano un ottimo Eric Bana (assolutamente convincente) e Geoffrey Rush.

MUNICH (titolo fuorviante, visto che il nodo non è la strage di Monaco nda) vale per una considerazione generale sull'eterna questione palestinese e sulle differenze:  gli agenti israeliani uccidono, ma non sparano mai nel mucchio. Quando si accorgono che una bambina morirebbe insieme al padre, uno dei terroristi, fermano tutto.

Quando uno del gruppo (Daniel Craig, l'attuale sciccossissimo James Bond) dice "io sono l'unico che vuole davvero uccidere i palestinesi" un altro gli risponde, " per questo cerchiamo di non fartelo fare".

Un film magistrale e bellissimo, senza retorica né moralismo.