SON OF A GUN

Australia. Il diciannovenne JR (Brenton Thwaites), finito dietro le sbarre per un reato minore, ci mette ben poco a comprendere la durezza della vita in reclusione.

Per sua fortuna (???) viene preso sotto l'ala protettrice nientemeno che del nemico pubblico N.1, il noto criminale Brendan Lynch (Ewan McGregor). Inutile dire che nella vita (e dietro le sbarre) niente è gratuito e che l'ergastolano non agisce per generosità.

Pretende infatti che, quando JR sarà fuori (chiaramente uscirà a breve), gli renda il favore e gli organizzi l'evasione.

Il ragazzo esegue e l'impresa riesce ma questo non sarà che l'inizio del suo coinvolgimento nelle attività di Brendan.

Il giovane imparerà rapidamente, pur non perdendo l'innocenza di fondo, che nel mondo della malavita l'esistenza è come una partita a scacchi.
Per ottenere il controllo, si deve stare poche mosse davanti al proprio avversario.
Perdere il controllo significa rischiare di diventare una pedina in un gioco molto pericoloso.

Sarà l'incontro con Tasha (Alicia Vikander), giovane femmina da esibire da parte di un boss molto crudele, a cambiare il suo modo di guardare al futuro.

Parte come carcerario, poi si trasforma in uno "sporco" poliziesco, dove c'è in ballo un clamoroso furto di lingotti d'oro, questo SON OF A GUN.

Il regista Julius Avery al debutto nel lungometraggio con una sua sceneggiatura ha strutturato un cast discreto avendo quale interprete protagonista Ewan McGregor, stranamente ma credibilmente nella parte del criminale incallito, duro e anche spietato, ma non privo di un suo codice morale.

Pur ammettendo che molta parte del film sa di già visto, rimane interessante lo sviluppo nel rapporto fra il "boss" imprendibile e il giovanissimo pupillo prescelto.

Il finale sentimentale alza un po' le quotazioni e lascia con il dolce in bocca.