CAMORRA

Napoli, anni '70. E' appena uscito di galera l'impulsivo Tonino Russo (Fabio Testi), di umilissima famiglia, che già si distingue in una rissa di bentornato.

Dimostratosi forte e sicuro di sè, non ci mette molto a farsi notare dal boss Don Mario Capece: inizia a lavorare con noi, farai strada.

In effetti, tra una rissa e un omicidio, con al fianco l'amico di sempre,  Nicola Cafiero, "lo sciancato" (Enzo Cannavale), fa carriera nell'organizzazione criminale, fino all'affare edilizio che lo mette contro il boss: di guappo ne resterà soltanto uno.

CAMORRA è un solido e robusto mix tra poliziesco all'italiana e melodramma camorristico-popolano diretto dal regista muscolare Pasquale Squitieri  ligio agli schematismi e alla facile fruibilità dei generi popolari, come la sceneggiata napoletana, i suddetti polizieschi e i noir: monolitici personaggi-tipo che imbrigliano gli attori (il cumpariello, i genitori premurosi, il fratellino a cui non dare cattivo esempio, la fidanzata avveduta, l’amico fedele, i padrini in lotta, la donna del boss).

Inoltre più che uomini d'onore napoletani i protagonisti sembrano gangster americani anni '30.

Comunque il regista dimostra una buona conoscenza del fenomeno camorristico, unita a una certa padronanza della regia nelle scene d'azione.

Il contesto in cui si muovono i personaggi del film è realistico, con le sue bische, il contrabbando di sigarette e droga, i pestaggi dei sindacalisti, la speculazione edilizia e gli appalti come vero business del futuro.

Finale ad effetto, forse fin troppo ottimistico.

Fabio Testi, al solito, è bello ma legnoso, mentre funzionano alla perfezione i francesi del film (Raymond Péllegrin e Vanel).