E' STATO IL FIGLIO

Palermo, giorni nostri. Seduto nell'ufficio postale, Busu, un vecchio signore a cui piace raccontare storie, intrattiene le persone condannate alla fila, qualcuno appassionato, troppi distratti.

La storia che più gli piace raccontare e l'avventura e la sventura della famiglia Ciraulo, colpita al cuore da un lutto nei "lontani" anni Ottanta.

Si disperava il rottamatore navale Nicola Ciraulo (Toni Servillo): una pallola vagante, esplosa durante un regolamento di conti, aveva colpito a morte la sua piccola Serenella.

Finchè un amico l'avverte: lo Stato risarcisce i parenti delle vittime di mafia.

E l'avvocato assicura lui, la moglie Loredana (Giselda Volodi), il figlio maggiore Tancredi e i due nonni: avrete 220 milioni.

Basta un pò di pazienza.

Tra debiti e ingorghi burocratici, i Ciraulo provano a immaginare quale desiderio potrebbe appagare la loro 'fame' atavica.

Liquidati finalmente decidono intorno al tavolo di investire il capitale ormai ridotto in un'automobile, la più bella che si sia mai vista in città. Ma quella Mercedes, 'presidenziale', luccicante e benedetta con acqua santa e segno della croce, finirà per diventare il simbolo della rovina e della perdizione.

E' STATO IL FIGLIO è una divertente, crudele e amara commedia grottesca diretta da Daniele Ciprì, un riuscito mix di umorismo al vetriolo e perfidia, ambientata in una Sicilia non certo turistica, ma collocabile facilmente in un posto qualsiasi del sud Italia, quasi tutta in dialetto, fortunatamente con salvifici sottotitoli.

In questo racconto di ordinaria miseria nessuna pietà per gli "ultimi": osservate con il distacco dell'entomologo, attraverso le lenti di un microscopio che ne enfatizza i tratti mostruosi, le classi che riempiono i quartieri ultrapopolari, costrette in una realtà che si dimena fra povertà, mafia e disperazione, sono connotate da una inesorabile commistione di arretratezza e grettezza.

Non più "poveri ma belli" e nemmeno "brutti, sporchi e cattivi": solo cinici e ripugnanti.

Gli uomini (e le donne) posseggono una ferocia disarmante e la povertà non è una attenuante, né tantomeno apre le porte della salvezza.

Impietoso.