IO, EMMANUELLE

Milano. E' disperata la bella Emmanuelle (Erika Blanc): il suo compagno di letto, uno stimato docente universitario, le ha dato buca inaspettatamente.

La dolce ragazza, quantomai bisognosa di "tenerezza" (e chi vuole capire capisca) si getta alla ricerca dell'amante desaparecido.

La ricerca è lunga, ma non infruttuosa, visto che il surrogato significa gettarsi tra le braccia di quattro uomini in un giorno. A giacere con lei sono, nell'ordine, un tronfio imbrattacarte che si atteggia a scrittore, un commerciante finto gay-vero cornuto (Paolo Ferrari), un caporedattore bolscevico e mammone (Adolfo Celi) e un fricchettone e filosofo che vive in un tugurio e cucina Marcuse.

Ci prova con lei anche l'appiccicosa lesbica Ginette: respinta con perdite.

Finchè il mistero è risolto con una ferale notizia: il prof è defunto in un tragico incidente sull'autostrada.

IO, EMMANUELLE è una barbosa ed indecifrabile pellicola drammatica, un fumettaccio erotico noioso e pretenzioso: e il suo essere pretenzioso lo rende ancora più noioso. Pura tecnica di manierismi psichedelici (o presunti tali) fine a sé stessa corredata di farneticanti e datatissimi dialoghi (siamo in pieno '68 nda) e soporiferi monologhi. Da riconoscere al regista Cesare Canevari un discreto sprezzo del pericolo.

La conturbante Erika Blanc inalbera un'espressione, quella di chi è assalito da un ricordo stupito e vertiginoso e, per ordine di scuderia, non la molla quasi mai.

Sorprendenti apparizioni di Paolo Ferrari e, soprattutto, di Adolfo Celi, il cui livello attoriale rende il film ancora più ridicolo. Tutto il cast si impegna a reggere lo strascico alla rossa protagonista: impresa improba visto che è sempre generosamente nuda.

Discreta colonna sonora (Mina, per dire) che non ti salva dalla noia infernale.