IL POTERE DEI SOLDI

New York. Lo sfrontato Adam Cassidy (Liam Hemsworth) è un giovane delle telecomunicazioni, ambizioso e talentuoso, che vorrebbe far carriera in una grande azienda del settore e lasciarsi alle spalle i problemi economici che affliggono quello che resta della sua famiglia, cioè lui e il padre malato (Richard Dreyfuss), bisognoso di cure (costose).

Una bravata, compiuta sulla scia di una grossa delusione, lo mette però in un guaio più grande di lui.

L'azzimato magnate Nicholas Wyatt (Gary Oldman), suo ex datore di lavoro, intuite le sue attitudini, lo ricatta obbligandolo a farsi assumere dalla concorrenza, cioè il paperone eterno rivale in affari (Harrison Ford), per rubare il prototipo di un nuovo telefono che rivoluzionerà il mercato.

Adam non ha scelta, ma lo spionaggio industriale è un gioco più pericoloso di quello che sembra.

E scatta la trappola.

IL POTERE DEI SOLDI (PARANOIA) è un prevedibile e poco elettrizzante thriller tecnologico, vaga e brutta copia dell'antico WALL STREET, nel quale la grandezza del cast e la pochezza del risultato cozzano senza via di uscita.

Passato praticamente inosservato nelle sale italiane, alla visione si capisce il perché.

Piuttosto ben realizzato tecnicamente, è limitato da alcuni buchi evidenti della sceneggiatura e da un protagonista pochissimo convincente (anche per la caratterizzazione banale del suo personaggio), specie se messo a confronto con i grossi "calibri" che gli sono affiancati, che pure sembrano girare al minimo dei giri.

Non funziona il nucleo drammatico del film perché il personaggio del giovane rampante manipolato da due papaveroni subisce ogni scatto di carriera, incastrato com'è in un gioco pericoloso dove non c'è spazio per la sua libera volontà; né funziona lo scontro tra titani Oldman-Ford (quest'ultimo con un preoccupante taglio di capelli): imbalsamati in ruoli senza rotondità, entrambi sembrano ogni volta limitarsi al compitino nella scena di turno e il confronto finale li lascia testualmente muti, in balìa di smorfiette di disappunto che non accrescono il loro onore.

Ciò che più compromette l'efficacia del thriller, però, è la scarsa credibilità di costruzione del mondo in cui è immerso -quello del nuovo potere e delle nuova ricchezza, legato ai brevetti tecnologici e allo spionaggio industriale- che, lungi dall'essere un fattore di contorno, è un protagonista a tutti gli effetti del quadro d'insieme, nella cornice di una lunga faida tra due imperi (Samsung VS Apple?).

Non ci si emoziona mai e anche Bill Gates resterebbe spiazzato dal linguaggio fastidiosamente ipertecnologico.