CONTAGION

Minneapolis (Usa). Appena tornata da Hong Kong, la manager Beth Emhoff (Gwyneth Paltrow) tossisce e ha la febbre alta. Inutilmente il marito Mitch (Matt Damon) tenta di aiutarla. Ricoverata d’urgenza, la donna muore, seguita dal suo bambino.

Al vedovo non resta che disperarsi e pensare alla figlia più grande, Jory, che per fortuna era via.

Nelle stesse ore e giorni, da San Francisco a Hong Kong, da Londra a Tokyo molti altri hanno i suoi sintomi.

Da qualche parte «il pipistrello sbagliato ha incontrato il maiale sbagliato», suppone non a torto Erin Mears (Kate Winslet), del Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie, e ne è nato un virus violento e mortale che aggredisce l’umanità.

Mentre si evidenzino le ragioni (ma anche la paranoia) del fustigatore mediatico (Jude Law) di qualsiasi complotto (vero o presunto), l'immunologo Ellis Cheever (Laurence Fishburne) corre contro il tempo nella ricerca di una cura e il controllo del panico che si diffonde progressivamente ovunque.

CONTAGION del discontinuo regista Steven Soderbergh è un angoscioso, ben confezionato thriller pandemico, che immagina un mondo nel panico per un morbo misterioso ed invincibile.
Però dopo l'ottimo inizio la storia si affloscia e lo scorrere (lento) del film, non lascia mai spazio ad episodi avvincenti o a colpi di scena o perlomeno a qualcosa che non sia scontato.

Più che ad una sceneggiatura, sembra seguire il resoconto giornalistico di un fatto di cronaca: la scoperta del virus, il diffondersi dello stesso, i tanti morti, la scoperta del vaccino e la distribuzione dello stesso. Con la trovata (non disprezzabile) di far partire la storia dal giorno numero 2.

Il principio della fine verrà reso noto solo all'ultimo fotogramma.

Alla fine, dopo tanta tosse, la domanda rimane: qual'è il messaggio che mi doveva arrivare? A cosa serviva un cast cosi ricco?

Da stomaci forti l'autopsia a cranio scoperto.