DJANGO UNCHAINED

Texas, 1858, alla vigilia della guerra civile. Il cacciatore di taglie di origine tedesca dottor King Schultz (Christoph Waltz), su un carretto da dentista, è alla ricerca dei ricercatissimi fratelli Brittle, per consegnarli alle autorità piuttosto morti che vivi e incassare la ricompensa.

Per scovarli, libera dalle catene, con gesto generoso ma non disinteressato, lo schiavo Django Freeman (Jamie Foxx), prigioniero come tanti di due crudeli proprietari terrieri, i fratelli Speck, promettendogli la libertà a missione completata.

Tra il taciturno nero e l'ex dentista nasce così, a suon di pistolettate, un sodalizio umano e professionale che li conduce attraverso l'America delle piantagioni e degli orrori razzisti alla ricerca dei criminali in fuga ma soprattutto della consorte di Django, Broomhilda (Kerry Washington), venduta come schiava a qualche possidente negriero.

Che nella fattispecie è il folle e sadico schiavista Calvin Candie (Leonardo Di Caprio).

DJANGO UNCHAINED è un avvincente e gustoso western di Quentin Tarantino, che dopo i gangster movie, dopo gli omaggi al cinema orientale, dopo la rivisitazione storica del nazismo in chiave pulp, si cimenta con uno dei suoi generi preferiti.

L'incursione in territorio western avviene riprendendo un vecchio personaggio degli spaghetti western italiani, modernizzandolo e piegandolo alla sua indiscussa creatività.

Tra cadaveri e sangue, largo spazio all'ironia. Con la vendetta (e il riscatto) a fare da motore a tutta la storia.

Raramente capita di vedere un film di quasi tre ore che non annoia mai: i 165 minuti di durata scorrono via lisci come l'olio e, pur con qualche flebile discontinuità e una caduta di tono all'ultimo, divertono a più riprese.

Girato con grande maestria (la scena del rosso sangue che bagna i fiocchi di bianco cotone è magistrale), ha tutti gli ingredienti del Tarantino style tra cui ovviamente la cura per la sceneggiatura (con i soliti lunghi ed impagabili dialoghi).

Cameo del vecchio Django Franco Nero.