LO STRANIERO CHE VENNE DAL MARE

Cornovaglia, fine Ottocento. Unico scampato al naufragio di una bagnarola diretta in America, l'esule dai Carpazi Yanko (Vincent Pérez), viste le pessime condizioni, sporco, ferito ed affamato, in cui si trova e la lingua sconosciuta agli abitanti del posto, viene scambiato per un mentecatto.

Tutti nel villaggio chiudono le porte, per paura, allo sconosciuto.

Solo la giovane serva, Amy (Rachel Weisz), è gentile e aiuta il profugo, anche se non capisce una parola di quanto dice. 

Anche lei è sola e la gente la considera, semplicemente, una pazza.

Fra i due emarginati dalla società presto nasce l'amore.

E la tragedia incombe.

LO STRANIERO CHE VENNE DAL MARE è una favola stanca e malinconica tra amore e flutti, un melodramma sentimentale in costume, con la cattiveria e l'ipocrisia che fanno arrabbiare di più: quelle che si scagliano contro i deboli e i diversi.

Eppure la poesia è ciò che di più lontano dal film si possa trovare (e che la realizzazione seriosa e velleitaria desidererebbe al contrario spacciare per tale) perché la recitazione dell'emaciato Pérez e dell'isterica ma brava (e bella) Rachel Weisz, parastrega, si risolve in un polpettone in salsa (insipida) di mare, con una sceneggiatura stiracchiata e melensa, composto da scene che vorrebbero essere d'effetto e che invece sono spesso pompose e ancor più spesso retoriche.

Nel cast da segnalare la presenza di Ian McKellen che di lì a poco si sarebbe riscattato come estremamente buono (il Gandalf del Signore degli anelli) ed estremamente cattivo (il Magneto di X-Men). 

Qui prende su di sé un ruolo ambiguo, forse il più interessante della vicenda, ma poco approfondito e che perciò rimane in superficie, soltanto un po' burbero ed, inspiegabilmente, contro.