IN TIME

In un'epoca futura. Una modifica genetica ha fatto sì che ogni individuo non possa invecchiare oltre i 25 anni. Una volta vissuti spensieratamente e superati, al malcapitato non rimane altro che un anno extra di vita (omaggio della casa).

Questo è un mondo dove la cosa più importante non è l'acqua o il cibo o i soldi, ma il tempo; il tempo che un essere umano ha a disposizione o che può comprare. O rubare.

Sorpresa! Niente è cambiato. Nel senso che il denaro si è solo fatto intangibile e che i ricchi possono vivere per sempre, i poveri, invece, combattono ogni giorno per guadagnare qualche ora in più. Una vita affannata e consumata a guardare il proprio orologio biologico. Un timer digitale che segna ogni minuto, ora, giorno, mese, anno guadagnato.

Will Salas (Justin Timberlake) ha venticinque anni da tre anni . Figlio premuroso di una madre mai invecchiata (Olivia Wilde) ha il classico colpo di fortuna, l'equivalente del sei al Superenalotto: salva la vita a un uomo ricco di tempo che intuisce la sua nobiltà e lo ricambia con un secolo di vita.

Un secolo che Will è deciso a investire, raggiungendo la Time Zone, dove i ricchi vivono blindati e a spese dei più miserabili, e sfidando l'ordine costituito. Lo aiuterà imprevedibilmente nell'impresa una ricca ereditiera dai grandi occhi da cerbiatto (Amanda Seyfried).

Riusciranno i novelli Bonnie e Clyde ha rubare abbastanza tempo?

IN TIME di Andrew Niccol (quello della fantascienza colta, dell' eugenetica di GATTACA  per intenderci) parte da un'idea decisamente buona. Dentro un mondo futuribile e una scansione rigorosa degli spazi (il dentro e il fuori, il sopra e il sotto), il regista fa fantascienza marxiana e, come Gattaca quindici anni prima, immagina una società che contempla due classi e mutua i 'validi' e i 'non validi' in 'immortali' e 'mortali'. La prima classe è quella degli eletti, la seconda è quella dei dominati, dove si producono inevitabilmente l'antidoto e la turbativa.

Un B movie senza fronzoli, che guarda in anticipo al futuro (una proiezione del presente?), che urla alla rivolta contro le banche che possiedono l'uomo: un 99% di sottomessi.

Alla maniera di Ethan Hawke, Justin Timberlake incarna l'impresa impossibile di un mortale che, destinato a una previsione di vita di pochi anni e poca speranza, si ribella al suo destino e a quello dei suoi simili attaccando letteralmente il cuore degli immortali.
La sua inquietudine febbrile e il suo agire precipitoso, che contraddicono il muoversi flemmatico degli immortali, non mancano di colpire e innamorare l'algida bellezza di Amanda Seyfried, occhioni spalancati e tacchi fetish (stranamente i tre protagonisti avevano già recitato insieme in ALPHA DOG).

Il novello Robin Hood è l'imprevisto che non si può impedire, è una corsa contro il tempo (ma per il tempo) che sfugge al controllo e ai controllori, è l'incognita della fiducia nell'altro, è un corpo abbracciato e da abbracciare per sentire finalmente che si è fatti di carne e sangue.