IL MIO AMICO ERIC

Il postino delle Poste di Sua Maestà Britannica Eric Bishop (Steve Evets)  vede la sua vita, i suoi sogni, il lavoro e la famiglia (con tanto di figli multicolori) andare alla deriva allontanandosi sempre più.

I suoi amici (gli unici a sostenerlo), cercano in ogni modo, tra vane battute e buffe sedute di psicoterapia di rivitalizzare il suo animo e tirarlo fuori dal tunnel depressivo.

Il poveretto ha lasciato da trent'anni Lily, suo unico e vero amore. Ora vive con i due figliastri lasciatigli da una donna che non c'è e con uno dei quali ha un pessimo rapporto.

Eric, che cerca di non ricordare il passato, ha un solo rifugio in cui cercare un po' di consolazione: il tifo per il Manchester United e la venerazione per quello che nel passato è stato il suo più grande campione, Eric Cantona.

Ora però Eric ha un nuovo e per lui non secondario problema: la figlia che aveva abbandonato ancora in fasce, ma che non ha mai avuto un cattivo rapporto con lui, gli chiede il favore di occuparsi per un'ora al giorno della bambina che ha avuto, in modo da poter completare in pochi mesi gli studi.

Sarà però necessario che Eric si faccia consegnare la neonata da Lily che non ha voluto piu' incontrare dal lontano passato.

Qualcuno giunge in suo soccorso in modo inatteso e concretamente irreale il suo idolo: Eric Cantona. O meglio il suo fantasma. Il problema da affrontare non sarà però purtroppo solo questo.

Fino al gran finale: tifosi che devastano una villa mentre vanno a seguire il Manchester United in trasferta. Giovani mazzieri del National Front? No, maturi postini sindacalizzati, quindi laburisti, intervenuti per il collega umiliato dai delinquenti che abitano la villa per aver voluto sottrarre i figli alla malavita.

IL MIO AMICO ERIC diretto da Ken Loach, è una bella fiaba. Ideato da da Eric Cantona stesso, produttore oltre che comprimario, prende spunto da Harvey, dove un coniglio accompagnava il personaggio di James Stewart, unico a vederlo. Anche lo spettatore, oltre al postino, vede Cantona, il pilastro portante dell'intero film, nel ruolo di se stesso mentre dialoga col tifoso nei guai.
Bisogna dire che lo fa senza prendersi sul serio, con l'autoironia che spesso manca a certi personaggi famosi. Il culmine è nel dialogo dove il postino dice: "Ma anche tu sei un uomo!". Sguardo perduto nell'orizzonte, colletto della maglietta alzata, il mito vivente replica: "No, sono Eric Cantona!"
E poi quel finale: quel che in Italia leghisti e fascisti di Casa Pound (e non) sognano, un regista (impegnato politicamente e che nei suoi film non esclude il duro racconto della realtà) inglese trotzkista rappresenta.

Bello perdersi tra ironia, astrazione e (perchè no?) commozione.