L'OCCHIO DEL CICLONE - IN THE ELECTRIC MIST

New Iberia, Louisiana. Il detective Dave Robicheaux (Tommy Lee Jones) è a caccia di un serial killer che dilania i corpi di giovani donne.

Di ritorno dai rilievi sul cadavere di una prostituta minorenne ferma, nel suo lavoro di sbirro tutto d'un pezzo, per eccesso di velocità la star hollywoodiana Elrod Sykes (Peter Sarsgaard), dedita all'alcol, che si trova nella zona per girare un film sulla Guerra di Secessione.

Il film gode dei finanziamenti di un discusso produttore, un boss della criminalità locale, il viscido Baby Feet Balboni (John Goodman).

Sykes rivela al detective di aver rinvenuto, nel corso delle riprese, lo scheletro di un uomo incatenato.

Ora Dave si trova dinanzi alla memoria di un delitto a sfondo razziale sepolto nel passato che potrebbe avere collegamenti con gli omicidi delle ragazze.

Un esercizio di stile realizzato dal regista francese Bertrand Tavernier, affascinato dal profondo sud americano e da un amore per la cultura profondamente intrisa di musicalità afroamericana che pervade quest'area.
Il regista francese infatti ambienta la sua storia in Louisiana, trovando in Tommy Lee Jones un magnifico protagonista (granitico e tormentato dal suo passato).

Purtroppo è evidente la debolezza della sceneggiatura che non riesce ad andare al di là di una storia abbastanza banale, che segue i canoni tradizionali, con personaggi che hanno poco da dire, eccettuata la figura del tormentato protagonista.

Quel Tommy Lee Jones che a ogni film, come forse è accaduto solo a Clint Eastwood, diviene sempre più un'icona dell'America. Il suo detective Robicheaux indaga con ferocia, colpisce duro e ‘senza misericordia' ma dalle rughe del suo volto e dal suo sguardo, colmo di una tristezza atavica, si fa strada la sensazione di un senso di colpa collettivo per un passato da razzisti.

Un passato che non è del tutto passato e ritorna sotto le spoglie del Generale John Bell Hood che combatté nella Guerra Civile ed appare a Dave sul confine tra realtà e immaginazione

Rimangono una buona fotografia che riprende questi territori così al limite tra civiltà e natura incontaminata e una suggestiva colonna sonora come spesso accade per film ambientati nel profondo sud degli States.

Insomma molta atmosfera di sottofondo, blando e suadente come un blues sudista.