GOMORRA

Cinque episodi, tra la provincia di Caserta e Scampia.
Il tredicenne Totò, aiuta la madre a portare la spesa a domicilio nelle case del vicinato e sogna di affiancare i grandi, quelli che girano in macchina invece che in motorino, che indossano i giubbotti antiproiettile, che contano i soldi e i loro morti.

Ma diventare grandi, a Scampia, significa farli i morti, scambiare l'adolescenza con una pistola.

Niente da fare: anche Totò bussa alla porta della malavita.

Don Ciro (Gianfelice Imparato), una vita da tranquillo porta-soldi ai parenti dei galeotti, si ritrova immischiato, suo malgrado, nella guerra, con gli ordini  mutati visto che il clan s'è spezzato in due. 

Franco (Toni Servillo) smaltisce rifiuti tossici.

Il sarto Pasquale (Salvatore Cantalupo) fa affari proibiti con i cinesi.

I giovanissimi balordi Marco e Ciro, trovano un arsenale, iniziano a far risuonare cannonate che li fanno sentire invincibili, sognando di emulare Scarface.
Il problema che c'è sempre qualcuno più duro di te.

Per tutti la regola è solo una:  non si può uscire dal Sistema che tutto sa e tutto controlla.
Funziona così, non c’è niente da fare.

GOMORRA di Matteo Garrone è un crudo e angosciante dramma, tratto e portato sullo schermo, con decise sfoltite, dal romanzo di Roberto Saviano.

Un film che descrive con gelido distacco, come se il sole non illuminasse più le province di Napoli e Caserta, e terrificante realismo l'incredibile (?) ramificazione della camorra, quel sistema occulto (ma non troppo) in base al quale vanno avanti le cose nelle zone controllate dall'Antistato e delle vite di chi ci vive dentro.

Lo stile è sporco, crudo e realista, gli attori esemplari e i sottotitoli (per gli italiani) purtroppo indispensabili.