IL GRANDE LEBOWSKI


Los Angeles. Ha lo stesso cognome, ma non è parente del multimiliardario paraplegico noto come Grande Lebowski, lo spiantato e barbuto ex figlio dei fiori in calzoncini corti Jeffrey detto Drugo (Jeff Bridges).

L'ex ragazzo degli anni '70 è un fricchettone, emblema estremo del single post-divorzio, menefreghista e fisicamente sciatto.

Sfuggito a due balordi che, equivocando, volevano rapirlo, il nostro (non)eroe, invece di tenersi il suo tappeto violato dall’urina di uno dei suoi assalitori, preferisce invece agire, cercare di riparare al torto, presentandosi presso l’uomo per il quale era stato scambiato ed esigendo da lui un tappeto nuovo.

Questi invece lo assume di botto.

Eccoti il milione di dollari per il riscatto della mia moglie ninfomane Bunny, forse è nelle mani della gang che voleva sequestrare te.

Che grossolano errore farsi aiutare dal violento e imbranato compagno di bowling e veterano del Vietnam, il belligerante Walter Sobchak (John Goodman).

Intanto si fa sotto la bizzarra pittrice Maude (Julianne Moore), figlia del paperone: occhio, non c'è alcun ostaggio da liberare.

E l'affare si complica.

IL GRANDE LEBOWSKI è una scatenata e squinternata commedia grottesca dei fratelli Coen, la cui trama è un pretesto per una corsa nel nonsenso.

Un film, girato con i meccanismi della commedia (pochissime pause) che rotola, ruzzola, rimbalza come una palla da bowling (passione che hanno in comune i protagonisti).

Manca un filo forte a legare questa storia contorta, ma c'è un'assortita galleria di personaggi dalla strepitosa caratterizzazione, un cast superlativo di attori talvolta irresistinili con alcune chicche (un grande Turturro e un fenomenale Goodman) e una ricchezza di invenzioni nel dipanare l'improbabile vicenda che non può che coinvolgere lo spettatore.