IL RITORNO DI DON CAMILLO

Bassa Padana. Da quando il suo acerrimo nemico, il prete rude ma dal cuore d'oro, Don Camillo (Fernandel) è stato trasferito per punizione vescovile in uno sperduto paesucolo di montagna, il sindaco di Brescello, Peppone (Gino Cervi) non sa più con chi litigare. Anche Brescello sente la nostalgia dell'amato reverendo: nessuno si sposa, nessuno nasce e nessuno muore. Non senza don Camillo.

Anche il battagliero parroco nella parrocchia dispersa tra i monti, costretto a dir messa davanti a quattro gatti, si sente solo: che nostalgia per quelle sane baruffe e le confidenze a quattr'occhi con il Crocifisso (per l'ultima volta con la voce di Ruggero Ruggeri, nella versione italiana. In quella francese era di Jean Debucourt).

Ma ecco che la santa alleanza improvvisamente si rinnova, contro il Po, che in piena ha rotto gli argini, e i soprusi di un arrogante latifondista, bianchi e rossi tornano a sentirsi fratelli.

IL RITORNO DI DON CAMILLO è un piacevole sequel, che può contare su diversi momenti azzeccati (l’arrivo al paesino di montagna, il vecchio che non muore mai e che vuole comprare un’anima, l’orologio del popolo, che segna un’ora diversa, la Geltrude…).

Forse non c’è più quella vena quasi poetica del primo, ma la narrazione è piuttosto fluida e ci sono talmente tante situazioni diverse, che lo spettatore difficilmente si può annoiare.

Inoltre anche al cinema i racconti di Giovannino Guareschi sono come Andreotti: non hanno età. Se Peppone intascasse almeno una bustarella a film e Don Camillo fosse accusato di usura, sembrerebbe di essere ai giorni nostri.

Una commedia sempre piacevole, con l'ironia intinta nel rosolio, anzi nel lambrusco.
Questi film hanno una dote che pochi film hanno. Quando, facendo zapping, ci si imbatte nei film in questione, ci si ferma a guardarne un pezzo, sebbene lo si conosca a memoria.

Tra Gino Cervi e Fernandel è una gara di simpatia senza vincitore.
Che tenerezza e quante risate: Bersani e Casini avrebbero tutto da imparare.

Dimenticavo: Casini non rappresenta più i cattolici. Forse Casini non rappresenta più nessuno.