JOHNNY STECCHINO

Firenze. Il candido Dante (Roberto Benigni), autista di uno scuolabus per bambini down, va ko davanti alla vispa Maria (Nicoletta Braschi), che prima lo investe con l'auto e poi l'invita a pranzo.

Convinto di averle trafitto il cuore, l'ignaro fesso corre a Palermo al richiamo della misteriosa dama, che gli ha preparato una trappola con i fiocchi.

L'ingenuo ospite infatti non sa di essere il perfetto sosia di suo marito, di cui dovrà prendere il posto, ovvero del mafioso siculo pentito barricato in casa perchè da tempo nel mirino della piovra che vuole a tutti i costi eliminarlo, come nella migliore tradizione, tale Johnny Stecchino.

Irresistibile commedia degli equivoci questo quarto film del "toscanaccio", una fabbrica di risate dagli eccezionali tempi comici, che il sorprendente Benigni autore ha scritto, con Vincenzo Cerami, su misura per il fenomenale Benigni attore, soprattutto per far ridere.

E infatti si ride tanto da farsi venire le lacrime agli occhi, senza l'aiuto, incredibile a queste latitudini, della parolaccia, concentrando una buffoneria irresistibile e una storia d'amore tenera e candida che non cade mai nel sentimentalismo.

L'Amore, la mafia, la chiesa, lo Stato. JHONNY STECCHINO racconta qualcosa del nostro paese giostrando sulla danza di equivoci basati su alcuni stereotipi classici italiani. Ricorda il nostro medioevo dove il giullare era l'unica persona che poteva prendere in giro il re senza essere ucciso.

Cercando il pelo nell'uovo si può concludere dicendo che, come quasi sempre accade, il Benigni attore è superiore al Benigni regista, che tenta di compiacere lo spettatore con scelte di regia piuttosto scontate.

Meglio l'attore, che sfrutta bene tutti gli schemi offerti dallo spesso usato e certo non nuovo schema del sosia, a cui l'attore toscano dona un'estro frizzante, reggendo praticamente da solo (se si esclude il prezioso contributo di Bonacelli) tutto il film.