SENZA APPARENTE MOTIVO

Londra, giorni nostri. Una famiglia come tante dei quartieri popolari. Sono giovani e hanno un figlio. Il padre (che è un esperto artificiere) e il bambino sono tifosi dell’Arsenal, una delle tante squadra della city londinese.

Un giorno si recano entrambi ad assistere a una partita della squadra del cuore. Approfittando dell’assenza del marito la moglie (Michelle Williams) invita a casa lo scapolone Jasper Blake (Ewan McGregor), affascinante giornalista con il quale, ironia della sorte, sta avendo un focoso rapporto sessuale proprio mentre allo stadio figlio e marito rimangono vittime di ordigni di un vile attentato terroristico di matrice islamica.

Tra le vittime ci sono il marito e il figlio il cui corpo però non viene ritrovato con certezza. Il senso di colpa pervade la donna, in una strana elaborazione del lutto, nel vano tentativo di poter cancellare quel momento e nella certezza di non poterci riuscire.
Su consiglio di uno psichiatra scrive una lunga lettera a Osama Bin Laden.
“…quel giorno tu hai ucciso delle persone e io ho ucciso l’amore!”
L’amore come sempre però trionferà.

Gli attentati terroristici al cinema possono essere utilizzati sotto molteplici aspetti. Possono divenire occasione per thriller in cui se ne indaga la preparazione così come elemento di base per riflessioni di carattere socio-politico oppure svariare in molteplici ambiti così come è accaduto per i film realizzati sull’attentato alle Twin Towers.

La scelta della regista Sharon Maguire (Il diario di Bridget Jones), leggere i riflessi di atto terroristico attraverso le ossessioni che attraversano una madre che ha perso il figlio adorato (il film impiega tutta la parte iniziale per mostrarci l’intensità di questo legame affettivo) è chiaramente uno spunto originale anche se poi lei non si rivela particolarmente adatta al compito che si è assegnato.

Il problema che finisce a insistere solo su un tono dolente reiterato senza personalità. Tutta colpa di una sceneggiatura senza nerbo, francamente senza alcuna capacità di sviluppare ciò che ha scatenato disperdendosi nel voler ricercare troppi elementi a cui agganciarsi. Non basta il problema della relazione con il giornalista (che ha fornito l’occasione della scena quasi hard sviluppata in contemporanea con l’attentato trasmesso dalla televisione) ma si aggiunge una relazione con un collega del defunto marito nonché un pedinamento e conoscenza con il figlio di uno degli attentatori.

Così la noia regna sovrana. I guai della protagonista - quanto mai spaesata: l'attrice è modestissima, e i difetti di copione l'aiutano a soccombere - e il suo inabissarsi nella follia non prendono, non catturano l'attenzione, per una evidente incapacità narrativa.