IL PADRINO

New York, 1945. Nella villa bunker, il riverito padrino Don Vito Corleone (Marlon Brando), emigrato italiano che lentamente si è fatto da sé creandosi attorno la rispettabilità del capobastone, benedice le nozze della figlia Connie (Talia Shire), circondato dalla numerosa famiglia (di sangue).

Neanche il tempo di finire il rinfresco, gli affari della famiglia (di mafia) incombono: la potente famiglia rivale dei Tattaglia pretende di introdurre sul mercato un prodotto nuovo e redditizio, la droga.

Il patriarca si oppone, scatenando una guerra tra cosche per le strade di Little Italy in cui lui stesso è gravemente ferito. Prende allora il comando lo scaltro figlio Michael (Al Pacino), che scavalca l'irruento ma meno dotato di carisma fratello maggiore Sonny (James Caan) e il consigliori Tom (Robert Duvall) più temporeggiatore di un democristiano dei bei tempi.

Dal bestseller di Mario Puzo (che deve ringraziare Coppola, e non viceversa) il regista Francis Ford Coppola ricava un appassionante melodramma pseudopoliziesco, una saga in due parti: la prima, il film in questione, dominata dalla presenza di Marlon Brando nei panni del protagonista negli anni della maturità, la seconda invece consacrata ai giovani, Robert De Niro (Vito Corleone giovane), nelle sequenze magistralmente ricostruite della New York dei primi anni del secolo e Al Pacino nei panni del figlio che prende le redini della famiglia.

Il regista vende grande spettacolo con una superba ricostruzione d'epoca, qualche finezza psicologica e un'evidente ammirazione per la famiglia patriarcale, compresa la rievocazione del folklore e dei riti mediterranei. La pellicola è rimasta impressa nell'immaginario collettivo ed il termine che più si adatta, anche sfidando la banalità, è C A P O L A V O R O, da venerare come un icona, con merito entrata a far parte della storia del cinema.

Il cast di cui si circonda è senza dubbio stellare: Al Pacino, Marlon Brando, James Caan, Robert Duvall, Talia Shire, Diane Keaton. La messa in scena è magniloquente. Coppola ricostruisce la saga familiare dei Corleone inserendola in un contesto storico ben delineato. La mano sicura del regista non teme di girare con pacata lentezza e fermezza scene che al giorno d'oggi, in questo tempo dannato e onnivoro, verrebbero liquidate con un montaggio più serrato.

E sta tutta qui la padronanza del mezzo.

L'intera sequenza di apertura dimostra come l'intenzione del regista sia quella di non tralasciare nessuno degli aspetti più nascosti di un certo mondo criminale.

Le straordinarie musiche di Nino Rota proiettano poi l'opera nel firmamento delle opere immortali. Un opera fluviale (quasi 3 ore) con Marlon Brando (che trovata le guance gonfiate con il cotone) e Al Pacino che strappano applausi.
Il pubblico apprezza e la academy non è cieca premiandolo con l'Oscar al film, alla sceneggiatura e a Marlon Brando come attore protagonista.

Correva l'anno 1972 e questa è la Treccani del cinema. Volevo dire Cinema.