C'ERA UN CINESE IN COMA

Roma. Lo squallido impresario Ercole Preziosi (Carlo Verdone), che gestisce un traffico di artisti di terza schiera, un pacco di piccolo attori, prestigiatori, incantatori di donne-serpente, acrobati, ballerinette e duetti sfacciati, s'infiamma (professionalmente) per l'autista, lo studente siciliano Nicola (Beppe Fiorello), che sembra avere un suo esclusivo talentaccio spettacolare, a mezza strada fra lo spogliarello e il cabaret.

Conquistato dalla barzelletta del cinese in coma, approfitta dell'incidente capitato al personaggio-attrazione di punta della scuderia per promuovere il suo dipendente e lo butta senza preavviso in pasto al pubblico.

Incredibilmente il ragazzo calca il palco con inaspettata maestria ed ha successo.

Da qui la parabola ascendente professionalmente e discendente moralmente: il ragazzotto, travolto dalla fulminea popolarità, diventa un divetto arrogante, e indossato il nome d'arte di Niki Renda, passa dalle feste rionali a firmare un contratto televisivo con annesso ricco ingaggio, umiliando il pigmalione: ora al volante siedi tu.

Finchè non arriva anche l'implicazione sentimental-privata, perché l'ingrata star non trascura di sedurre Maruska, la giovanissima figlia dell'altro.

Pur amando molto Verdone, in questa sguaiata commedia, non troviamo lampi (forse solo il talento d'attore) e l'ottimo Carlo (autore, in società, anche di soggetto e sceneggiatura), al suo primo vero flop, è irriconoscibile.

Di Beppe Fiorello si nota che la stoffa c'è.

Il tentativo di perfida satira sulla volgarità e le bassezze presenti in un certo mondo dello spettacolo basato esclusivamente sul sesso, sull'esibizione corporale e sul linguaggio lascivo, si arena presto nelle secche delle macchiette e delle parolacce, mentre i caratteri dei personaggi restano soltanto abbozzati. Insomma lmanca la vitalità, la freschezza e l'arguzia a cui ci ha abituato.