LA BONNE

Vicenza 1956. Impegnato tra lo studio e la politica, l'avvocato e consigliere comunale, appartenente al gruppo comunista, Giacomo passa lunghe ore in consiglio comunale e trascura la bella e naturalmente insoddisfatta moglie Anna (Florence Guérin), cui pesa la mancanza dei figli.

Inoltre in casa la suocera, vecchia, ammalata e lamentosa, le impone una assistenza incessante.

Quand'ecco che in casa la noia assoluta viene rotta dall'arrivo della bionda ed esuberante domestica Angela (Katrine Michelsen), che proviene dalla provincia.

L'umore della malinconica signora migliora di colpa fino a diventare complice della disinvolta servetta. Così le copre i furtarelli in cucina, la spia negli incontri (ravvicinati) con un soldatino voglioso che si è portato in casa, fino a cadere tra le sue braccia, esplorando piano piano intimità personali prima ignote o mai tentate

E' più un gioco che vera passione. Un gioco che le porta anche a frequentare insieme una balera, in cerca di uomini.

Durante un eccitante gioco a moscacieca tra le due, la madre di Giacomo, incuriosita dalle grida e dal fracasso di vasi infranti, si leva dal letto, cade e muore, urtata da una porta che Anna ha aperto bruscamente.

Dopo di che, avvinte le due donne dalla omertà del silenzio, la perversa ragazza porta in casa un maturo e vizioso farmacista, che già per strada, fermando la propria macchina, ha prima avvicinato e poi posseduto Anna.

Costui rivolgerà le sue calorose attenzioni ad ambedue le donne, le quali assisteranno alle rispettive prestazioni.

Resteranno incinte dello stesso uomo, ma la gravidanza di Angela, la colf piena di iniziativa e poi vittima del suo stesso gioco e licenziata in tronco, dovrà concludersi altrove.

La signora resta in casa propria (finalmente rimessa a nuovo dopo il decesso della suocera) e Giacomo penserà tutto contento di essere lui il padre del nascituro.

Insomma gioia per una, tragedia per l'altra.

Storie di ordinaria, profonda provincia italiana.

LA BONNE è una morbosa e patinata commedia del regista Salvatore Samperi, voyeur in versione lesbo, nel periodo di effimera fioritura del softcore all'italiana.

Bisogna riconoscere che il buon Samperi ha comunque la mano felice nella descrizione della provincia (in questo caso bianca) bigotta, pur cadendo nella stantia e ridicola critica antiborghese, precedentemente abbandonata nel disastroso FOTOGRAFANDO PATRIZIA.

Coadiuvato dalle grazie delle due seducenti protagoniste (chissà perchè tutte e due straniere) che sono alquanto inespressive.

Dal collo in su, chiaramente.