IO SONO LEGGENDA

New York, 2012. Il tenente colonnello Robert Neville (Will Smith) è rimasto solo nella metropoli deserta e spettrale, insieme con il suo splendido cane lupo Samantha. La popolazione è stata annientata dalla diffusione incontrollabile di un virus anticancro, che ha sterminato il 90% della popolazione mondiale e trasformato il 9% in orde di zombi famelici.

Il messaggio millenaristico.
Dovreste sapere. Il successo del progresso ci aveva fatto credere onnipotenti. E invece la sassata nelle palle che arriva al genere umano è di dimensioni considerevoli, un azzeramento (-1) facilitato dalla mutazione di un virus creato dall'uomo stesso per la cura del cancro. Dalla scoperta salvifica alla fine dei nostri giorni.

Ora l'ufficiale, che è anche medico (virologo, per la precisione), vaga per la città dando la caccia ai cervi, muovendosi solo alla luce del giorno con il suo cane, affrontando la quotidianità, in attesa della notte, in cui i vampiri escono dalla penombra, attaccando tutto ciò che incontrano per cercare nutrimento.

Andando molto spesso con la memoria (e il tempo non manca per pensare) alla fuga in massa di tre anni prima, quando anche lui cercò di mettere in salvo moglie e figlioletta.
Ogni giorno, a mezzodì, va al porto, nella speranza che qualcuno risponda al suo insistente appello radio.

Ecco finalmente una donna, Anna (Alice Braga) con un bambino, diretti sulle montagne del Vermont, dove si sarebbero riuniti i superstizi, in attesa dell'antidoto che salvi i superstiti.

IO SONO LEGGENDA è un dramma fantascientifico, con diramazioni horror, con frequenti andirivieni tra passato e presente, interpretato quasi in solitaria da un credibile Will Smith. Forse non valeva la candidatura all'Oscar, ma la sua interpretazione è degna di nota. Passando al film, il "one man show" di Smith è supportato da una scenografia incredibilmente convincente, e da una regia di mestiere di Francis Lawrence.
Non è facile costruire un film su un solo attore (se si escludono il cane, i vampiri, qualche flashback e due superstiti), e il day by day del protagonista è scandito con lentezza, quasi a voler fare respirare allo spettatore il senso di solitudine.

Times Square deserta, il ponte di Brooklyn interrotto per facilitare l'isolamento, la Statua della Libertà decapitata. Sono passati sei anni dal grande shock e la Grande Mela ritornava protagonista di un film catastrofico. Meno male. Non ne potevo più di film intimisti.
Certo dovremo avere proprio culo quando capiterà perchè il sopravvissuto è virologo, militare (quindi pratico di armi, esplosivi e difesa vicina) ed immune dal virus. Manca che sapesse ballare sulle punte ed eravamo a posto anche per "Amici".


Per buona parte del film, il Dr. Neville si aggira in una New York deserta ed inquietante, con scene in macchina che mi ricordano molto il primo Mad Max (Mel Gibson, secolo scorso), in una città in cui la natura ha avuto il sopravvento, con, per esempio, l'asfalto rotto in più punti e con ciuffi d'erba che spuntano dal sottosuolo. Leoni e gazzelle che si confrontano nell'eterna lotta. E c'è un aria di pace. Niente rumori, niente odori. In una parola niente tracce antropomorfe. E anche il mare e il cielo danno un idea di apparente serenità quotidiana. Di giorno.

Unica compagnia del Dr. Neville il cane Sam, abbreviazione di Samanta. Unica compagnia che non riesce ad impedire al Dr. di cercare un contatto umano parlando a dei manichini. A un certo punto avrei invocato l'eutanasia per il dottore.
Oppure, se siete contrari all'eutanasia, bombardiamo i vampiri.
Chirurgicamente, s'intende.


Qualche considerazione a rava di fava:
- Il futuro in cui è ambientato il film è talmente azzeccato e cupo,senza speranza apparente nei suoi particolari quotidiani, che fa stare male davvero. L'unica parola che mi rimbalzava in testa era "DISPERAZIONE".
- L'ossatura della trama è presa, come molto spesso, da una trasposizione letteraria. Inutile chiedersi se rispetta e segua la genesi. E' superfluo. Lo scenario postapocalittico medio hollywoodiano (se sembro Ghezzi ditemelo), in questo caso non disturba affatto. Sarà che vedere in quello stato luoghi così fortemente connotati di modernità e frastuono nell'immaginario mondiale rende realistica la trama. O la trama si sposa con l'ambiente. Ma che cazzo dico.
- la Mustang rossa e relativo testa coda dell'apertura. Splendida.
- Bob Marley elevato a rango di pensatore, anzi del "Pensatore" mi sembra una trovata decisamente divertente. E Bob Dylan? Dove lo mettiamo Bob Dylan? E i Pooh? No, no, a quella domanda ho già la risposta. Bombardiamoli. Chirurgicamente, s'intende.