LA PATATA BOLLENTE

la patata bollenteTorino. Il gioviale Bernardo Mombelli (Renato Pozzetto) detto Gandi, ex pugile comunista che invece di combattere per diventare un campione preferisce la fabbrica per coerenza di pensiero, anche se per il suo impegno politico fa più il sindacalista che il metallurgico.

Adesso picchia soltanto fascisti (quando se lo meritano), guarda film russi, non vuole privilegi, critica il sindacato e lotta per la giustizia sociale.

Spinto da un'innata vocazione alla generosità, un giorno prende le difese di un giovanotto incontrato per caso, Claudio (Massimo Ranieri), che le sta buscando da una squadraccia neonazista e quindi ospita a casa e cura il riconoscente malcapitato.

I due diventano subito amici e l'intruso non si muove dalla nuova dimora, tanto più che ormai ha preso una irresistibile cotta per l'anfitrione.
Questi si adatta alla convivenza facendo però sorgere legittimi sospetti nella bella fidanzata (Edwige Fenech) e non solo.

Infatti la faccenda si complica perché la portiera spia i comportamenti equivoci dei due amici, i compagni di lavoro e la stessa fidanzata sospettano un passaggio all'altra sponda e temono per la moralità del rappresentante sindacale.

Si sparge la voce che "il Gandhi è un culo" e il partito corre ai ripari organizzando un viaggio premio in Russia, sorta di terra promessa per i comunisti di fine anni Settanta (il famoso "paradiso dei lavoratori", che ridere).

Come finirà? Matrimonio e trasloco dell'altro dopo il chiarimento di ogni equivoco.

LA PATATA BOLLENTE è un simpatico Vizietto all'italiana, acuto e spiritoso pur toccando il tema scottante dell'omosessualità, sorprendentemente a corto di volgarità, con Edwige Fenech e Massimo Ranieri bravi nella parte di due innamorati di sesso diverso che a un certo punto diventano addirittura complici.

Renato Pozzetto è al massimo della forma e incarna tutti i dubbi dell'integerrimo operaio comunista che teme di essere diventato gay e se ne fa un problema, perché un vero comunista deve essere macho (ma non erano i beceri fascisti a pensarla così? Bah!).

Un film intelligente che anticipa i tempi e pellicole più impegnate, critica i comportamenti convenzionali ed ipocriti di certa sinistra e tira fuori gli scheletri dagli armadi. Non dimentichiamo che negli anni Settanta un certo Pier Paolo Pasolini viene espulso dal partito comunista solo perché accusato di essere omosessuale. La frase che Steno fa pronunciare a Massimo Ranieri: "Metteteci nelle camere a gas, allora!", riflette il pensiero comune della morale comunista in quel periodo storico.

Steno si diverte a mettere alla berlina il comunista modello che sogna la Russia come un Paradiso da raggiungere, parla di eurocomunismo, si circonda di busti di Lenin, quadri di Marx e legge "L'Unità".

La Fenech, che si produce in uno spogliarello sconvolgente (citazione da Gilda) per verificare se fa ancora effetto su Gandhi, è più bella che mai in questa pellicola d'autore dove si spoglia poco, ma è soprattutto brava e forse ci lascia una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Renato Pozzetto è credibile nei panni di un operaio comunista in crisi, ma alla fine comprende che il partito "un giorno o l'altro dovrà affrontare anche quel problema lì" e che "non c'è niente di male a essere amico di un gay". "Hitler ha ammazzato parecchi froci, così come ha ammazzato gli ebrei" conclude.

Eccezionale anche quando va a lamentarsi dal direttore di stabilimento sputandogli una serie di colori (giallo paglierino, blu cobalto…) mimando che sarebbe anche tornato, o quando parla con la Fenech truccato.

Ma un plauso va anche a Ranieri, bravo, misurato e coraggioso, in una ruolo che poteva risultare eccessivamente macchiettistico e che invece l'attore riesce a interpretare con bravura, senza strafare. Belli e divertenti i duetti tra portinaio e moglie, la coppia di portinai Colosimo-Sportelli.