AMERICAN HISTORY X

Venice (California). Adesso in casa è un ragazzo d'oro Derek Vinyard (Edward Norton), giovane bianco, classe media, che si fa in quattro per far pesare meno la malattia a mamma Doris (Beverly D'Angelo).

Del tutto succube del fratello maggiore, il fratello minore Danny (Edward Furlong) si trova a farne oggetto d'una ricerca da elaborare e consegnare nel corso di 24 ore al proprio insegnante di storia (Avery Brooks), essendosi abbeverato a piene mani ai folli convincimenti neonazisti, ispirati alla violenza più feroce, a cui il giovane primogenito era dedito.

La causa della sua uscita di senno era stata la morte del padre pompiere, ucciso da un nero durante l'adempimento del dovere. 

Derek diviene pazzo di rabbia: gli immigrati clandestini, gli emarginati, in generale i gruppi etnici diversi dal suo diventano gli odiati nemici da combattere a ogni costo. Trova bell'è pronta la giustificazione di un'ideologia: quella di uno dei tanti gruppi di estrema destra che inneggiano alla supremazia della razza bianca. Il cammino è segnato, con violenze continue, razzie e pestaggi.

Finché non ci scappa il morto. Anzi, due morti: due delinquentelli di colore freddati con inaudita ferocia mentre tentano di rubargli l'auto.

Così quegli stessi convincimenti lo tengono tre anni in carcere, una condanna più che mite grazie alla testimonianza favorevole del giovane fratello Danny.

Ma mentre Derek inizia dietro le sbarre un durissimo percorso di redenzione, visto che nel carcere non sono tutte rose e fiori e il ragazzo si accorge presto di non gradire i soprusi dei galeotti naziskin come lui, tocca al minore nutrire sentimenti di vendetta. Anche per lui la spirale dell'odio pare non avere fine.

Una volta uscito però Derek ha chiaro il fatto che il suo compito è quello di salvare il fratellino, cresciuto nel suo "mito" e plagiato dal guru di un movimento hitleriano, tale Cameron Alexander (Stacy Keach).

Tragedia annunciata.



AMERICAN HISTORY X è un avvincente e angoscioso dramma sociale col passo del poliziesco, che colpisce per la durezza di certe situazioni e l'incredibile cinismo dei personaggi principali.

Passato e presente, colore e bianco e nero, politica e sentimenti: il regista Tony Kaye tenta di darci un quadro il più possibile completo della durissima realtà delle grandi aree metropolitane americane.

Infatti l'odio che il protagonista coltiva per sé e che, soprattutto, insegna al fratello minore non è quello alla Ku Klux Klan, tradizionale negli Usa. Non rispecchia l'America profonda, provinciale e contadina. Al contrario, lo stesso Derek lo rivendica, e con orgoglio, esprime per così dire l'avanguardia del razzismo bianco metropolitano. Il suo riferimento speculare, non solo implicito, è il radicalismo degli afroamericani raccontato da Spike Lee in molti suoi film.



E anche a livello narrativo la strada scelta non è affatto scontata: la vicenda è raccontata nell'arco di 24 ore, il giorno dell’uscita di Derek dal carcere, con frequenti inserimenti di lunghi flash black.

Giù il cappello davanti ad Edward Norton, skinhead convinto e credibile, odioso e superbo paladino (pentito) della violenza.

Da segnalare due piccoli ruoli per volti molto noti: Stacy Keach, nei panni del subdolo capo del gruppo razzista, ed Elliott Gould, smarrito insegnante che amava una donna (la madre) ma che ha come unica colpa quella di essere ebreo.