FINAL DESTINATION 2

Usa. Proprio nel primo anniversario del disastro del volo 180, la giovane Kimberly (A.J. Cook), sta partendo con gli amici per un weekend quando, impugnato il volante, ha la premonizione di un terribile incidente: un camion carico di tronchi d'albero sta per provocare una strage.

Così blocca le altre macchine inchiodando al semaforo, scatenando l'ira dell'agente Thomas (Michael Landes) e di quelli che vogliono mordere l'asfalto.
Ed ecco il tragico schianto multiplo. La ragazza aveva visto il giusto.

Ma gli scampati al maxitamponamento non si illudano, rivela la coetanea Clear (Ali Arter), l'unica sopravvissuta alla sciagura aerea dell'anno prima, che per sfuggire alla morte, ha scelto di vivere in un posticino tranquillo: un manicomio.

Puntualmente i superstiti cominciano a morire, come in una catena di montaggio, nei modi più tremendi ed atroci: chi trafitto dalla scala antincendio, chi schiacciato da una trave.

Eppure un modo per salvarsi dalla signora con la Falce (la Morte),
questo assassino che è il Nulla: invisibile, imprevedibile, inafferrabile, non condannabile, senza corpo né carne né identità, deciso a portare a compimento i propri piani nonostante si tenti di fermarli, c'è.

FINAL DESTINATION 2 è un farneticante horror, per una volta un seguito (leggermente) migliore del capostipite, di dignitosa confezione, che però fatica a trovare idee decenti per le agghiaccianti dipartite dei protagonisti, anche se affonda i piedi nello splatter con decisa irruenza.

I malcapitati spruzzano sangue come fontane, i corpi delle vittime vengono martoriati, spiattellati, tranciati con un gusto che gli appassionati del genere hanno gradito come una manna. Ma non è tetro né plumbeo, anzi è come un cartoon. Che però, insieme al suo capostipite (su cui forse sarebbe bene tornare), riesce perfino a teorizzare del tutto “inavvertitamente” su un genere su cui ormai si è pasteggiato in abbondanza.

Da segnalare che l’incidente autostradale iniziale è da inserire probabilmente tra i più memorabili di tutti i tempi (cinematograficamente parlando, ovvio).

Intendiamoci, il film in questione, non diversamente dal prototipo, è poco più di un teen-ager movie a valenza macabra. Ma almeno c'è molto ritmo, e le morti sanguinolente vengono alleggerite da una salutare ironia e da un autentico black humour.

La regia (del tal David R. Ellis) padroneggia bene efferatezze che vanno dallo splatter più nero a una comicità paradossale.

Certo, meglio non prender sul serio i presunti spunti di riflessione (la morte come il killer che raggiunge tutti, la pochezza delle umane forze contro il destino), ma per divertirsi ce n'è d'avanzo.

Al peggio comunque non c'è mai fine, vista la realizzazione della puntata numero tre. Addirittura in 3D.