DISTRICT 9

Johannesburg, 1982: una gigantesca astronave soggiorna da tre mesi sullo skyline stomachevolmente più spettacolare della terra, altro che Manhattan o Champs-Elisee…

Le autorità fanno finalmente irruzione e contano all'interno dell'immenso "barcone" la bellezza di un milione e ottocentomila alieni, che, denutriti ed allo stremo vengono ospitati in un gigantesco CPT chiamato District 9, una baraccopoli creata per l'occasione, dove ben presto regnerà il caos e l'anarchia e dalla quale ogni tanto scappano facendo incursioni in città che non portano altro che risentimento e xenofobia nella popolazione locale (bianca e nera).

Hanno un aspetto non gradevole e vengono subito derisi e battezzati “Prawns” (gamberoni). Ghettizzati ed emarginati, non conoscono, né comprendono, le regole sociali terrestri: mangiano tutto, non tollerano la proprietà privata, e vivono nell’immondizia come se fossero nei sobborghi di Dehli o San Paolo o Johannesburg (eh sì, in effetti siamo a Johannesburg). Inoltre i traffici (prostituzione e traffico d'armi) con la malavita nigeriana vanno a gonfie vele.

La popolazione (bianca e nera) freme:non vuole più questi rompiballe in giro, tantomeno nel "giardino di casa". Allora il governo, con il supporto dell' associazione paraumanitaria che ne ha cura (ricorda tanto quelle straconosciute, con tanto di nepotismo e corruzione nda) decide di portarli, 20 anni dopo, in un altro ghetto nel deserto, a duecento chilometri dalla città.

La patata bollente passa al comprensivo ufficiale Wikus van der Merwe (Sharlto Copley), che dovrà coordinare le complicate operazioni di sgombero.
Durante le quali, comicamente burocratizzate, accadrà l’irreparabile: il suo braccio sinistro si trasformerà in un artiglio animalesco e ora vomita inchiostro.

E' lui adesso il ricercato numero uno.

DISTRICT 9, girato a mo’ di documentario (riprese con camera a mano e frenetici cambi di ritmo come si trattasse di un combat film) è un kolossal-boiata, scritta e diretta da tale (sconosciuto ai più) sudafricano Neill Blomkamp, e prodotta dal neozelandese Peter Jackson, che sotto la crosta di film di fantascienza nasconde la lezioncina buonista sulla (e a scapito) della realtà quotidiana.

Morale: i buoni sono gli immigrati piovuti dal cielo e venuti da altri mondi e chi vuole intendere intenda.

Sembra di essere in Italia, insomma ed è un film che diventerà sicuramente un cult per pacifinti e sinceri democratici.