IL SESTO GIORNO

Usa, 2020. Per far felice la sua bimba, il pilota di elicotteri Adam Gibson (Arnold Schwarzenegger) si precipita a comprare il duplicato del defunto cagnolino (siamo in un futuro talmente prossimo da sembrare presente, in cui la clonazione degli animali domestici è già diventata business ma quella umana è ancora proibita dalla legge nda).

Ma quando torna nella villetta si ritrova di fronte un sosia: anzichè far valere le proprie ragioni è meglio scappare dai killer spuntati all’improvviso. Ma chi li ha mandati?

Risposta semplice: è il potente industriale miliardario Michael Drucker (Tony Goldwin), che ha convinto il corruttibile professor Griffin Weir (Robert Duvall) a sperimentare la clonazione umana, come già detto illegale, allo scopo di ottenere il controllo della vita sociale e politica.

Infatti, in gran segreto, l’organizzazione comincia a clonare quelle stesse persone che ha precedentemente ucciso.

Colpo di scena: lo spietato megalomane è stato sostituito da un replicante.

Ancora in vita per errore, Adam Gibson ha visto la sua copia vivente ed è così diventato un testimone pericoloso da eliminare al più presto, con annesso sequestro di moglie e figlia. Sarà invece lui, alleandosi col suo sosia e uscendo indenne da inseguimenti e sparatorie, ad avere la meglio sulla pericolosa organizzazione e sul suo capo.

Spettacolare e kolossal di fantascienza, girato dal regista per tutte le stagioni Roger Spottiswoode, che sparge sullo schermo un’infinità di rumorosissimi effetti speciali.
L’autoironia del giustiziere da operetta Schwarzenegger riesce a tenere su il film, la cui idea di base meritava migliore sviluppo, finchè non pretende di tenere fragili sermoncini sull’immortalità dell’anima.

Roger Spottiswoode, già regista di 007 IL DOMANI NON MUORE MAI, dirige bene le scene d’azione ma non riesce a rendere coinvolgente una storia che risulta poco avvincente e non abbastanza divertente.