BARRY LYNDON

Irlanda, seconda metà del Settecento. Non è affatto morto il rivale in amore, ma il giovane di bell’aspetto ma dalle origini modeste Redmond Barry (Ryan O’Neal), credendo di averlo ucciso in duello, scappa e si arruola nell’esercito inglese.

La guerra dei Sette anni è troppo lunga e stanco della dura vita militare, il fuggitivo dopo aver prima sparato sui francesi, poi diserta e, beccato in flagrante, passa, grazie ad un espediente, con gli alleati prussiani, divenendo il beniamino del capitano Potzdorf.

Si fa tanto onore che il ministro della polizia lo incarica di sorvegliare un ambiguo straniero, Chevalier (Patrick Magee), giocatore di professione e presunta spia.

Il ragazzo gli diventa amico del raffinato avventuriero e decide di seguirlo per l’Europa.
Con la spada e la pistola si fa largo nella bella società. Ormai è un uomo appagato. Gli manca solo il blasone.

Ed ecco l’incontro chiave della sua vita: la seducente Lady Lindon (Marisa Berenson). Sposando la contessa di Lyndon e assumendone il cognome colma la lacuna. Ma sarà un matrimonio infelice. Il figlio della contessa, nato da un altro matrimonio, lo odia e per molti anni progetterà una vendetta, che si compirà quando affronterà il patrigno in duello. Barry Lyndon perderà una gamba e i suoi averi. Un malinconico esilio segna il suo definitivo destino.

Stupendo dramma di Stanley Kubrick, un film strano nella produzione del pur eclettico Stanley Kubrick. Film di difficile collocazione e che ha spaventato la critica al suo apparire a causa della mancanza di una chiave di lettura che conducesse alle origini del progetto.

Il misterioso Kubrik non ha mai chiarito le sue intenzioni. Ma ciò non impedisce di giudicare il film una splendida anomalia: una storia d’amore e di guerra, romantica, raffinata e grandiosa, che anche se non arriva al cuore accarezza lo sguardo come nessun’altra, eppure fece incassi disastrosi.

Usando una tecnica d’illuminazione naturalistica, tutta a base di candele, il film è immerso in una atmosfera che restituisce il clima del tempo, con stupendi quadri dallo sfondo verde. Kubrik si è avvalso di lenti speciali, fornite dalla Carl Zeiss e adattate da Ed Di Giulio.

Un film freddo e crudele. Ironico e mastodontico. Solenne e malinconico.

Fotografia, come suddetto, colonna sonora (non originale, in quanto assemblate e a suonare sono Bach, Mozart e Haendel), scenografie e costumi da Oscar.