MATRIMONIO ALL'ITALIANA

Napoli, anni quaranta. la ciclonica Filumena Marturano (Sophia Loren) è una giovanissima prostituta e Don Domenico Soriano (Marcello Mastroinanni) è un ricco signorotto. I due si incontrano durante un bombardamento in una casa di tolleranza e l’uomo, intenerito e affascinato, fa di lei la sua colf-concubina per anni.

Il compagno l’ha tolta da una di quelle case , lei glien’è grata, ma ora punta i piedi: devi sposarmi.

Fossi matto, le ribatte l’amante, improvvisamente intiepidito.

Allora l’inviperita donzella un giorno, finge la morte per farsi sposare in extremis. L’altro, spaventato, abbocca. e le concede il sì.

Scoperta la beffa, il neomarito invalida il matrimonio e la donna stupisce nuovamente il consorte estraendo a sorpresa un altro asso nella manica: uno dei miei tre figli è tuo, ma non ti dirò mai quale.

E ora all’altare. Anche perchè mentre cerca di scoprirlo, Domenico si accorge di essere, in verità, padre felice di tutti e tre i figli.

Voluto dal produttore Carlo Ponti per rinnovare il successo dell’accoppiata Loren-Mastroianni, Matrimonio all’italiana prende le mosse dal testo della celebre commedia teatrale di Eduardo De Filippo, eterno cavallo di battaglia di Titina De Filippo, una trasposizione assai libera, che Vittorio De Sica dovette prendere, per volere del suddetto Ponti, sulle misure della Loren.

Il film di De Sica comunque sa andare oltre la commedia che lo ha ispirato, proprio perché non prova a rifare il teatro ma sceglie a colpo sicuro il cinema e i suoi meccanismi, persino i flashback, che il regista sosteneva di non amare affatto.

Vittorio De Sica è l’uomo giusto per fotografare la Napoli dell’immediato dopoguerra e Sophia Loren è la donna giusta per portare in scena una carica di fisicità e disperazione rare, che la confermano capace di far vibrare anche le corde più intime.

Perchè ancora una volta, come già per “La ciociara”, si perpetua il miracolo di San Gennaro: donna Sophia nel ruolo di una fiera popolana recita da regina , tanto da meritare, come pure il film, una nomination all’Oscar.

Sul piano della narrazione, per combinare stilemi ottocenteschi, sentimentalismo partenopeo e vera poesia, il regista si circonda di quattro moschettieri della sceneggiatura: Piero De Bernardi, Leo Benvenuti, Renato Castellani e Tonino Guerra (quest’ultimo, si mormora, ingaggiato per una scena sola, ma la più intensa).

Passioni senza tempo, per un film d’altri tempi. Un bel film.