WINDTALKERS

 Isola di Saipan (Giappone), novembre 1944. Il sergente John Enders (Nicolas Cage), sorta di eroe maledetto tutto d'un pezzo, causa la morte di quindici marines. Sopravvive per un pelo, ci rimette un timpano, passa la convalescenza pensando solo a ritornare in azione.

L'ordine è perentorio per i marines della compagnia: dovete uccidere i vostri protetti, piuttosto che lasciarli cadere nelle mani dei musi gialli.

Il ristretto gruppo di indiani Navajos è stato reclutato dall'esercito americano con il preciso compito di spiazzare i giapponesi: non riusciranno a decifrare i nostri codici se comunicheremo utilizzando la lingua dei nativi d'america.

Così il sensibile neosergente si trova legato a doppio filo con il giovane Ben Yahzee (Adam Beach), come il commilitone Ox Henderson (Christian Slater) farà forzatamente (all'inizio, causa diffidenza) l'angelo custode di Whitehorse.

Che sporca guerra nella celeberrima, tragica isola teatro della famosa battaglia.




Originalissimo, nello spunto di partenza, ma deludente kolossal bellico del regista di Hong Kong John Woo, incapace di sviluppare i sottili risvolti psicologici di un'amicizia forzata ed inconsueta, intento com'è a rendere più raccapriccianti le crude scene dei combattimenti.
Il soldato Ryan insegna: iperrealismo di combattimenti, con gambe troncate e pezzi di cuore che escono dalla divisa. Woo è spettacolare, anche se Spielberg lo era di più, ma con in più un aurea di realismo notevolmente superiore.

Battaglie cruentissime, dialettica di guerra, sentimenti di pace lontana, un po' di dolce misticismo indiano, caratteri contro, finale tragico-sentimental-liberatorio, dove il cattolico sergente muore recitando l'Avemaria.

Nicholas Cage è sempre lo stesso: monocorde per espressione e per recitazione, tanto da sembrare di soffrire allo stesso modo per un'unghia incarnita o per la morte di un commilitone.