IL CODICE DA VINCI

Parigi. Nelle sale buie e vuote del Louvre, il fanatico monaco Silas (Paul Bettany), sicario del vescovo Aringarosa (Alfred Molina), ammazza l'anziano curatore del museo. Il cadavere dell'uomo viene ritrovato ricoperto di strani segni e nella posizione dell'uomo di Vitruvio di Leonardo Da Vinci. Delle scritte sul suo corpo coinvolgono Robert Langdon (Tom Hanks), un esperto di simbologia religiosa, che aveva un appuntamento con la vittima.

Lo sbrigativo commissario Bezu Fache (Jean Reno) punta subito il dito su di lui, costringendolo, aiutato dalla vispa nipotina della vittima, la criptologa Sophie Neveu (Audrey Tautou), a svignarsela con sottobraccio un marchingegno inventato da Leonardo da Vinci.

E' l'inizio di una ricerca che potrebbe portare a uno sconvolgimento della fede cristiana.

I due fuggitivi trovano quindi rifugio nella villa del teologo Leigh Teabing (Ian McKellen). Ma killer e polizia sono sulle tracce.

De IL CODICE DA VINCI si è detto e scritto a dismisura tanto da costruire, alla sua presentazione dell'epoca, un'attesa per il film decisamente al di là delle sue qualità.

Nella realtà il film del regista Ron Howard è un ingarbugliato e prolisso giallo, tratto dal bestseller di Dan Brown, riciclandone le farneticazioni religiose del romanzo (Maria Maddalena era moglie di Gesù Cristo, Topo Gigio era un templare ect. ect.).

Le falsificazioni storiche di Dan Brown unite alle dispute religiose di ieri e di oggi (Opus Dei, Sacro Graal, Templari) vengono collocate in flashback virati e tremolanti che sanno molto di posticcio, mentre i due protagonisti procedono di casella in casella come nel gioco dell'oca, con l'aggiunta di un pò di violenza.

I credenti, o meglio, i cattolici, avevano motivo di temere questo film perché nel romanzo la tensione narrativa è sostenuta con una scrittura da autore di best seller consumato e se è vero come è vero che il cinema raggiunge masse che non hanno mai letto un libro in vita loro le ansie erano quasi giustificate. Ma, come è scritto a premessa del libro, la storia è opera di fantasia: personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell'autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione e sullo schermo l'inverosimiglianza diventa assolutamente evidente.

Tra il caveau di una banca e la cripta di una chiesa antica, mentre si descrivono i prelati come avrebbe potuto farlo un mangiapreti romagnolo del secolo scorso, si dipana un thriller di appena sufficiente fattura con influssi da road movie.

Ma davvero nulla di più.

Tom Hanks appare particolarmente svogliato, svegliato solo dal fruscio dei dollari del cachet, mentre la monocorde Audrey Tautou sembra ancora immersa nel fantastico mondo di Amèlie.

Fatela doppiare da un'attrice, per favore.